Principale Attualità & Cronaca Raid Roma – Tokyo: 100 anni fa il volo record dell’aviazione italiana

Raid Roma – Tokyo: 100 anni fa il volo record dell’aviazione italiana

ROMA – 100 anni fa, nel 1920, i piloti Arturo Ferrarin e Guido Masiero, insieme ai motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto, a bordo di due biplani SVA di legno e tela, si rendevano artefici del primo collegamento aereo tra Europa ed Estremo Oriente. E proprio all’Aeroporto “Francesco Baracca” di Centocelle, luogo di partenza degli equipaggi che affrontarono il lungo viaggio, il 14 febbraio scorso si è celebrato il Centenario del Raid Roma Tokyo, impresa considerata ancora oggi tra le più straordinarie della storia dell’Aviazione.
Nel corso delle celebrazioni, alla presenza del Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Generale di Squadra Aerea Alberto Rosso, del Presidente della Fondazione Italia/Giappone, Ambasciatore Umberto Vattani, e dell’Ambasciatore del Giappone in Italia Hiroshi Oe, è stata deposta una corona d’alloro al monumento commemorativo già esistente e restaurato per l’occasione, ed è stato possibile visitare la mostra dedicata al Raid, realizzata dal Museo Storico AM in stretta sinergia con l’Ufficio Storico.
Attraverso un percorso multimediale, pannelli fotografici, video, ricostruzioni virtuali e cimeli storici appartenuti ai familiari dei quattro aviatori ed alcuni di proprietà del Museo Storico AM, è stato possibile ripercorrere le tappe del Raid in un affascinante viaggio a ritroso nel tempo. Tra i pezzi più ammirati, l’album originale di disegni realizzati dai bambini giapponesi e donato a Ferrarin dall’imperatrice del Giappone.
LA STORIA
106 giorni, 18.000 chilometri percorsi, 112 ore di volo alla velocità media di 160 km/h: sono questi i numeri del volo record che valse un’accoglienza da eroi e 42 giorni di festeggiamenti ufficiali a Tokyo.
La paternità dell’idea di un volo dall’Italia al Giappone si deve al poeta aviatore Gabriele D’Annunzio il quale, nel 1919, la condivise con Haru-Kichi-Shimoi, scrittore nipponico e sincero ammiratore dell’Italia che all’epoca insegnava all’Istituto di Lettere Orientali di Napoli.
Il progetto, seppure con qualche variazione al programma iniziale del vate, venne accettato dalla Direzione Generale d’Aeronautica.
Non potendo D’Annunzio partire perché asserragliato a Fiume, fu stabilito che l’impresa fosse compiuta da due formazioni, la prima di cinque caccia ricognitori SVA 9, la seconda di quattro bombardieri Caproni di diversi modelli, due Ca.450, un Ca.600 e un Ca.900 triplano. Le partenze dei Caproni da Centocelle, scaglionate tra loro, iniziarono l’8 gennaio 1920 ma nessuno di questi bombardieri andò oltre la Siria.
Le cose non andarono meglio ai cinque SVA che partirono l’11 marzo.
A questo punto l’unica possibilità di portare a termine l’impresa era rappresentata dai due SVA 9 che furono fatti decollare il 14 febbraio per fare da staffetta alla formazione di biplani che di lì a poco li avrebbe seguiti.
Gli aeroplani staffetta avrebbero dovuto verificare le località d’atterraggio, predisporre i rifornimenti e prendere contatti con le autorità locali. È in questo contesto che entrò in scena Arturo Ferrarin, pilota vicentino che durante il conflitto aveva militato nella 82° e nella 91° Squadriglia Caccia, la gloriosa Squadriglia degli Assi.
Ferrarin, chiese di poter decollare per il Giappone accompagnato da un altro aeroplano.
Il 14 febbraio alle 11.00, ebbe inizio l’avventura, con i due SVA che si levarono in volo dal campo di Centocelle. Gli equipaggi erano formati dai piloti Arturo Ferrarin e Guido Masiero con i rispettivi motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto.
Lo SVA era un aeroplano di legna e tela, l’abitacolo era aperto e l’equipaggio era esposto al vento e alle intemperie, il radiatore non era adeguato per le alte temperature tropicali mentre il carrello era privo di carenature alle ruote, utili in caso di atterraggio su terreni difficili. A bordo non c’era la radio, la velocità si manteneva sensorialmente ed il pilota conduceva la navigazione unicamente con l’ausilio di orologio e bussola.
Il 31 maggio i due SVA giunsero a Tokio; prima Masiero e circa un’ora dopo Ferrarin.
Ad attenderli c’erano duecentomila persone accorse per vedere i primi aeroplani arrivati in volo dall’Europa. Per celebrare l’impresa furono decretati 42 giorni di festeggiamenti in Giappone, culminati con il ricevimento ufficiale degli aviatori italiani a Palazzo Imperiale. A ricordo di questo volo da record lo SVA di Ferrarin fu collocato nel Museo Imperiale delle Armi a Osaka.

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