Principale Attualità & Cronaca Violenza I femminicidi e le parole di Giuseppe Conte

I femminicidi e le parole di Giuseppe Conte

In una lettera pubblicata su due noti quotidiani ed altri siti (Zeroviolenzadonne; TellusFolio),  nel dicembre del 2010, scrivevo, tra l’altro: “Del resto, nel mondo scompaiono milioni di bambine. Assassinate, abortite o abbandonate.Noi per eliminarle aspettiamo che crescano, che si fidanzino, che si sposino. Noi italiani siamo fatti così: preferiamo farle crescere prima. 
 
Teniamo molto agli embrioni, noi italiani, e ai bambini, la cui vita è sacra e inviolabile. Poi crescono, i bambini, e se sono maschi la loro vita continua ad essere sacra e inviolabile, se sono femmine la loro vita è un po’ meno sacra, un po’ meno inviolabile. Leggi più severe? E a che servirebbero, per gli ottusi che si uccidono dopo avere ucciso? Forse occorrerebbe insegnare alle bambine, a tutte le bambine, sin dall’asilo, a farsi rispettare dai bambini, ed ai bambini, a tutti i bambini, a rispettare le bambine. Per questo occorrerebbe preparare tutti gli insegnanti di tutte le scuole. Forse. Ma chi dovrebbe pensarci? I nostri politici impegnati come sono a risolvere i problemi del Paese? Possiamo parlare loro del femminicidio italiano? Femminicidio italiano? Che roba è?”.
 
Oggi sembra ci si renda meglio conto di che roba si tratti. Dopo dieci anni sento con piacere dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte:  “Abbiamo varato il Codice rosso per offrire alle donne che subiscono episodi di violenza un percorso preferenziale e accelerato di tutela. Ne stiamo monitorando l’attuazione e siamo pronti a renderlo ancora più efficace. Ma siamo consapevoli che non è sufficiente agire solo sul piano normativo. La violenza sulle donne è anche un problema culturale ed è per questo che lavoreremo nelle scuole, tra i ragazzi e le ragazze, perché è da lì che deve partire il cambiamento”.
Sì, dalla scuola, deve partire il cambiamento, ma non bisogna lavorare solo tra le ragazze e i ragazzi, ma anche tra le bambine e i bambini. E speriamo che alle parole seguano i fatti.
 
Renato Pierri

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