Principale Estero L’ultima arma nella guerra in Libia è il petrolio

L’ultima arma nella guerra in Libia è il petrolio

Il blocco delle esportazioni, voluto dal generale Khalifa Haftar per soffocare il Governo di accordo nazionale di Fayez al Serraj, continua nonostante i reiterati appelli di diversi Paesi, tra cui Italia e Usa

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MARCO LONGARI / AFP

Petrolio in Libia

L‘Italia – ha fatto sapere la Farnesina – ha espresso “forte preoccupazione per le azioni che hanno portato alla sospensione delle attività estrattive e dei terminal petroliferi in Libia”. Per la diplomazia del nostro Paese, “si tratta di uno sviluppo che sta già avendo serie conseguenze per l’economia e il popolo libici”.

Roma, più vicina a Serraj che ad Haftar, richiama quindi “la necessità di mantenere l’integrità e la neutralità della Noc (la compagnia petrolifera nazionale che ha sede a Tripoli, ndr), unica compagnia legittimata a operare nel Paese”, conclude.

Poco prima un appello simile era arrivato dall’ambasciata americana nella capitale libica. “La sospensione delle operazioni della National Oil Corporation (Noc) rischia di esacerbare l’emergenza umanitaria in Libia e infliggere ulteriori sofferenze inutili al popolo libico”, ha twittato l’ambasciata Usa. “Le operazioni della Noc devono riprendere immediatamente”, ha esortato la rappresentanza di Washington.

Da Tripoli, viene denunciata la Francia accusata di “bloccare la pubblicazione di una dichiarazione congiunta dei paesi occidentali che condanna la chiusura di porti e giacimenti petroliferi e chiede che siano riaperti immediatamente”. Per questo, secondo Ashraf Shah, membro del gabinetto di Serraj, sono state rilasciate dichiarazioni individuali.

Finora gli appelli non avuto riscontro: continuano a essere bloccati i terminal di esportazione più importanti della Cirenaica, tra cui i porti di Brega, Ras Lanuf e Al-Sidra. “La capacità di stoccaggio di questi porti è limitata e la Noc sarà obbligato a fermare completamente la produzione di greggio una volta raggiunta la capacità massima”, ha spiegato la compagnia petrolifera. La Noc ha dichiarato che la produzione di greggio giornaliera di 1,3 milioni di barili al giorno crollera’ fino a poco piu’ di 70 mila, con perdite di 77 milioni al giorno.

Secondo gli esperti del settore, Washington si oppone alla sospensione delle esportazioni di greggio libico a causa dell’impatto sul mercato mondiale del petrolio. Hamish Kinnear, analista della società di consulenza sui rischi Verisk Maplecroft, ha affermato che l’azione di Haftar è stata un “brusco promemoria” che le sue forze controllano la maggior parte delle risorse petrolifere e di gas della Libia.

“Il fatto che l’interruzione sia coincisa con la conferenza di Berlino, un vertice di pace di alto livello sulla Libia, non e’ un caso”, ha aggiunto. “Chiudendo i campi, Haftar ha chiarito di detenere un veto su qualsiasi accordo di cessate il fuoco o eventuale accordo politico”.

Sul campo, la tregua continua a essere fragile e la battaglia attira sempre più attori esterni. I programmi radar mostrano un intenso traffico di aerei fantasmi che fanno la spola tra Turchia e Misurata e altri che partono dagli Emirati diretti a Bengasi. Il ministero dell’Interno di Tripoli, in un suo lungo rapporto sulle violazioni commesse da Haftar, ha affermato che nella battaglia per la capitale sono stati uccisi 35 mercenari russi della Wagner.

Da Bruxelles, la Nato si è detta pronta a dare il suo sostegno a una missione Ue per vigliare sull’embargo delle armi in Libia. “Nonostante le differenze, Nato e Ue lavorano e cooperano insieme, siamo riusciti a rafforzare questa cooperazione a un livello senza precedenti. È estremamente importante essere coesi. Nel Mediterraneo c’è l’operazione Sophia, la Nato da sostegno all’operazione Sophia, noi possiamo fare di più. Se la Ue chiede un maggior aiuto noi siamo in grado di fornirlo per fare applicare l’embargo sulle armi alla Libia”, ha affermato il segretario Jens Stoltenberg.

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