Principale Politica Diritti & Lavoro Dalla fontana rubata al tesoro nascosto, le bufale su Craxi

Dalla fontana rubata al tesoro nascosto, le bufale su Craxi

“Esule” o “latitante, “statista” o “gangster”. Su Bettino Craxi si è scritto e detto di tutto. Nel corso degli anni sono anche montate delle leggende dure a morire

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Pasquale Modica / AGF 
 

“Esule” o “latitante, “statista” o “gangster”. Su Bettino Craxi si è scritto e detto di tutto. Nel corso degli anni sono anche montate delle bufale e delle leggende dure a morire.

IL PIL – Ad esempio si sente dire spesso che l’enorme debito pubblico italiano sia colpa di Craxi. Ma è vero? Tra il 1970 e il 1980 il debito passò dal 37,1% del Pil al 56,1%. Poi nel 1981 viene proposta e approvata l’indipendenza della Banca d’Italia dal Ministero del Tesoro e diversi economisti sostengono che da questo momento iniziano le difficoltà per le casse dello Stato. Sino a quel momento, infatti, i titoli statali invenduti venivano comunque coperti da garanzia da parte della Banca d’Italia, cosa che limitava le speculazioni.

Con la scissione, invece, per vendere i titoli non più coperti dalla Banca d’Italia si inizia ad alzare i tassi, pagando più interessi al mercato. Dopo questa riforma, nel 1982, gli esecutivi Spadolini prima e Fanfani archiviano l’anno con un rapporto debito/Pil al 63,1% (+4,6% rispetto all’anno precedente).

Il 1983 inizia con il governo Fanfani e Craxi lo sostituisce da agosto per gli ultimi 4 mesi: al 31 dicembre il debito è salito al 69,4% (+6,3%). Nel 1984 il governo Craxi chiude l’anno al 74,9% (+5,5%), nel 1985 all’80,9% (+6%), nel 1986 all’85,1% (+4,2%). Ad aprile del 1987 a Craxi succedono prima Fanfani e poi Goria e l’anno si chiude con il debito all’89,1% del Pil (+4% rispetto al 1986). Il vero boom inizia nel 1992 con i governi Andreotti prima e Amato poi, quando il debito si impenna al 105,5% (+6,9% in un anno) e ancora di più nel 1993 con Amato e Ciampi (115,7%, +10,2%) e nel 1994 con Ciampi e Berlusconi (121,8%, +6,1%).

IL TESORO – Altra questione di cui si è molto discusso è quella del presunto tesoro di Craxi. Quando l’ex presidente del Consiglio era ancora in vita si favoleggiava di rubinetti d’oro e di lusso sfrenato nella villa di Hammamet. Ma alla sua morte, il 19 gennaio del 2000, la stampa entrò nella villa e si vide che gli arredi erano lontanissimi da quel lusso di cui si narrava. Craxi a Milano abitava con la famiglia in un grande appartamento di via Foppa, ma era in affitto; mentre la villa di Hammamet era stata acquistata negli anni ’70, quando lì di turisti ce n’erano ancora pochissimi.

Qualcuno sostenne che la fontana davanti al Castello Sforzesco di Milano, tolta negli anni ’50 per far posto alla fermata della metro Cairoli, era stata trasferita nel giardino della villa. Un ex poliziotto giurò di averla vista in una fotografia durante un processo di Mani Pulite. Ovviamente la fontana non era ad Hammamet, ma si trovava in un deposito del Comune di Milano e fu rimessa davanti al Castello nel 2000.

Il vero ‘tesoro’ di Craxi è finito all’asta e assegnato, nel 2015, per circa 270 mila euro (diritti d’asta inclusi). Nulla di clamoroso: quadri dalla seconda metà dell’800 in poi, un Modigliani falso, centinaia di cimeli garibaldini che l’ex leader socialista collezionava, e vecchie pistole, sciabole, spade, divise, mostrine, ritratti e lettere autografe.

I CONTI ALL’ESTERO – Nelle inchieste giudiziarie che si susseguirono contro Craxi vennero individuati dei conti a lui riconducibili in qualche modo in Svizzera e in Liechtenstein. Una volta lasciata la segreteria del Psi, Bettino provò a passare i numeri dei conti, dove erano depositati diversi miliardi di lire, ai nuovi segretari (Giorgio Benvenuto prima e Ottaviano del Turco poi), ma questi si rifiutarono di utilizzarli. Così Del Turco ricordò l’episodio davanti ai pm: “Giorgi (un collaboratore della direzione Psi, ndr) venne da me, aveva due buste, una per lui e una per me. Quando se ne andò, vidi che aveva lasciato la busta per me. Lo richiamai e gliela riconsegnai senza aprirla. Visto il momento, temevo che contenesse cose riguardanti un sistema di finanziamento illegale, e che si volesse coinvolgermi”.

L’ex pm Antonio Di Pietro mostrò di credere che i conti in quel momento erano già stati svuotati. Quale che sia la verità, Craxi a un certo punto si rivolse a Maurizio Raggio, un ristoratore, per spostare il denaro e lui svuotò i conti e sparì in Messico. Dopo diversi anni e qualche guaio con la giustizia, Raggio disse di aver speso personalmente una parte di quei soldi e di avere restituito il resto all’ex leader socialista. Qualche anno dopo, però, lo stesso Gerardo D’Ambrosio, sostituto procuratore del pool di Mani pulite, disse che l’ex segretario del Psi non si arricchì personalmente: “La molla di Craxi non era l’arricchimento personale, ma la politica”.

I PROCESSI – Quanto ai processi subiti, Craxi ricevette decine di avvisi di garanzia. Il primo arrivò il 15 dicembre 1992 dalla Procura di Milano. Fu condannato in via definitiva in due casi: il 12 novembre 1996, 5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai; il 20 aprile 1999, 4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le tangenti della Metropolitana Milanese. Nei restanti casi o fu assolto, oppure sui processi intervenne la prescrizione. Sulle due condanne, infine, la Corte europea accolse parzialmente i ricorsi di Craxi e della famiglia, osservando che quei processi non furono equi e che avevano violato alcuni articoli della Convenzione europea dei diritti umani. 

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