Principale Arte, Cultura & Società “Noi eroi operai”. Parla Marco Cubeddu, pompiere precario e scrittore

“Noi eroi operai”. Parla Marco Cubeddu, pompiere precario e scrittore

La tragedia avvenuta nell’Alessandrino non è un fatto eccezionale per chi sceglie di rischiare la vita per aiutare il prossimo: “Ma dal governo non c’è attenzione”

Essere al posto sbagliato al momento sbagliato. E morire facendo il proprio mestiere, che poi è quello di salvare le persone e di aiutare chi è in difficoltà. Oggi è accaduto in una cascina a Quargnento, nell’Alessandrino, dove tre vigili del fuoco sono morti per un’esplosione causata, probabilmente, da un ordigno artigianale con un timer difettoso. Una tragica casualità, ma purtroppo non un fatto eccezionale per chi sceglie di rischiare la vita per aiutare il prossimo. Lo spiega bene all’AGI Marco Cubeddu, pompiere precario dal 2005 e scrittore, che ha appena dato alle stampe il suo ultimo libro, ‘Un uomo in fiamme’ (Giunti editore), un romanzo ampiamente autobiografico in cui racconta la vita quotidiana dei pompieri.

La frase che caratterizza il protagonista è la seguente: ‘un giorno senza rischi e un giorno non vissuto’. Ma è anche la realtà con cui devono convivere i vigili del fuoco chiamati a interventi spesso pericolosissimi. “Non siamo temerari, non facciamo mai nulla di spericolato e non cerchiamo atti di eroismo a differenza, spesso, dei pompieri americani – spiega lo scrittore – noi italiani cerchiamo di fare tutto in sicurezza. Per questo motivo, come ho scritto nel mio libro, i pompieri italiani sono eroi operai. E che vediamo nelle situazioni di emergenza”.

Persone che credono talmente tanto nella mutua assistenza da intervenire, dice ancora Cubeddu, “prima ancora che parta tutta la macchina organizzativa dei soccorsi, come è accaduto dopo il terremoto in Abruzzo o a Genova dopo il crollo del Ponte Morandi quando tutti, anche quelli che erano fuori servizio, si sono presentati sul luogo del disastro senza che qualcuno li chiamasse”.

Uno spirito di servizio che da troppo tempo, aggiunge lo scrittore, non è supportato da un’analoga attenzione da parte dei vari governi: “Siamo oggetto di tagli da parte del governo, non c’è attenzione per le buste paga modeste, non si considera che siamo a contatto con sostanze tossiche e, quindi, che è un mestiere usurante: si parla dei pompieri solo in campagna elettorale o per motivi propagandistici – aggiunge – ed è una cosa molto grave perché una società che non mette al primo posto il soccorso alla popolazione è destinata al fallimento”.

La tragedia della cascina di Quargnento appartiene a quella categoria di rischi imponderabili che, comunque, fanno parte integrante del lavoro del pompiere. “Il rischio è connaturato con questo mestiere – aggiunge il 32enne scrittore genovese – ma noi cerchiamo di essere sempre prudenti, anche se ci sono situazioni estreme che ovviamente sono imprevedibili. Se è’ vero che siamo convinti che un giorno senza rischio sia un giorno non vissuto, è altresì vero che nessuno di noi ha voglia di morire”.

Precario dal 2005, Cubeddu spiega all’AGI che adesso la sua posizione e quella di tanti altri come lui sarà regolarizzata. Ma lui continuerà a scrivere. “Fare lo scrittore è un mestiere che amo, così come amo fare il pompiere – racconta – e anche il mio libro è una dichiarazione d’amore per un ambiente, per lo spirito di famiglia allargata che si respira quando i vigili del fuoco interagiscono con la popolazione. Questo è un mestiere bellissimo – conclude – con un ambiente molto sereno. Poi i pompieri sono divertenti… sui luoghi dei terremoti sono quelli che a un certo punto tirano fuori un fiasco di vino e non quelli che obbligano la gente a restare nelle case e rispettare il coprifuoco”.

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