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Il caso di Ostuni è solo l’ultimo. Ne parliamo con il coordinatore regionale di ‘Avviso Pubblico’, Pierpaolo D’Arienzo

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L’ultima minaccia a Ostuni nei confronti dell’ex sindaco e attuale consigliere di opposizione nel Consiglio comunale, Domenico Tanzarella: hanno sparato contro la sua casa a colpi di fucile, poco prima della mezzanotte di giovedì. Una vicenda che sembra un vero e proprio atto intimidatorio e per la quale non si trascura alcuna pista investigativa.

Ma in Puglia sono numerosi quelli che vengono considerati atti intimidatori nei confronti degli amministratori locali. Secondo i dati di ‘Avviso Pubblico’ – associazione che riunisce gli amministratori pubblici che si impegnano nella promozione della cultura della legalità democratica – dal 2013 al 2018 sono stati 371 i casi registrati in una classifica che vede la regione pugliese al quarto posto dopo Sicilia (483 episodi), Campania (398) e Calabria (384).

Nel 2013, in Puglia si è registrato il picco più alto con 75 atti di minacce nei confronti degli amministratori locali con la maggioranza dei casi a Taranto (18 episodi) e Foggia (17), e ‘solo’ 3 casi nella provincia di Barletta-Andria-Trani. Nel triennio successivo c’è stata una diminuzione di attentati contro sindaci, assessori o consiglieri: sono stati 54 nel 2014, 62 nel 2015, 51 nel 2016. Una recrudescenza si è registrata nel 2017, quando i tentativi di intimidazione sono stati 70, numero che è di nuovo sceso nel 2018 con 59 episodi. 

Dalle lettere minatorie alle aggressioni 

Tra gli atti intimidatori, segnalati da ‘Avviso Pubblico’, compare di tutto: dalle lettere minatorie, in alcuni casi accompagnate anche dall’invio di proiettili, alle telefonate anonime fino a vere aggressioni fisiche con l’utilizzo di bastoni, incendi di abitazioni o di auto, e anche spari da armi da fuoco.

La fotografia che emerge da questi dati dà un quadro dell’incidenza dei casi provincia per provincia, con improvvisi ribaltamenti da un anno all’altro. Nel 2014, ad esempio, è stata interessata maggiormente la provincia di Foggia con 15 casi, mentre quella di Lecce ne contava 6. L’anno successivo, il 2015, un netto capovolgimento con la provincia foggiana ‘ferma’ a 5 atti intimidatori e quella di Lecce con ben 21 casi.

D’Arienzo: “Le comunità facciano quadrato”

I numeri parziali sull’anno corrente dipingono un fenomeno in aumento. “Ad oggi, in Puglia, ‘Avviso Pubblico’ ha registrato 59 casi, pari al totale dell’intero 2018. E la Puglia, nel rapporto ‘Amministratori sotto tiro’ 2018 era al terzo posto in Italia dopo Campania e Sicilia. Un fenomeno che non rallenta e che preoccupa, come per gli scioglimenti dei consigli comunali per mafia”, dice all’AGI Pierpaolo D’Arienzo, sindaco di Monte Sant’Angelo e coordinatore regionale di ‘Avviso Pubblico’ in Puglia. 

Secondo D’Arienzo, “occorre che le comunità facciano quadrato intorno ai loro rappresentanti e che la politica organizzi le forze sane della città, perché solo comunità organizzate – sostiene – possono sconfiggere la criminalità organizzata”.

Il 30 ottobre, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha messo in evidenza che, a livello nazionale, nei primi 6 mesi di quest’anno gli episodi di intimidazione nei confronti degli amministratori locali sono aumentati con 336 episodi contro i 309 dello stesso periodo dello scorso anno: che cosa non funziona?

“Viviamo sotto assedio praticamente e il Paese fatica e rendersi conto – risponde D’Arienzo – minacciare e intimidire un amministratore pubblico è talmente radicato che rischia di essere considerato ‘normale’. Ma no, non lo è. Non lo è perché la maggior parte del personale politico e amministrativo dei 9.000 enti locali del nostro Paese svolgono le proprie mansioni con ‘disciplina e onore’ come recita l’articolo 54 della nostra Costituzione e lo fanno per ‘spirito di servizio’, come lo definiva Giovanni Falcone”. 

“Siamo al fronte – prosegue il coordinatore regionale di ‘Avviso Pubblico’ – ma non abbiamo molti strumenti. I più importanti sono il dialogo e il coinvolgimento dei nostri concittadini per creare comunità coese e forti. Ma facciamo ‘servizio’ in territori complicati, difficili, con scarse risorse economiche ed umane”. 

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