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Un altro mondo

L’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro in Italia è sempre stato, per sua natura, assai complesso. Ora più che per il passato. Analizzare le varie cause che hanno implicato, e implicano, un insufficiente assorbimento di nuove leve di lavoro non è semplice. Facendo riferimento allo scorso anno, circa 700.000 giovani (18/25 anni), in buona parte qualificati, non hanno trovato una qualunque occupazione. Se a questo numero si aggiungono i licenziati e i cassintegrati, la situazione si fa inquietante. Sembra di vivere in un altro mondo. Più del 20% dei nostri giovani non trova lavoro o, peggio, c’è chi l’ha anche perduto. Nel problema della disoccupazione, in generale, non solo c’è da tener conto della nostra incerta espansione economica, ma anche l’assodata disinformazione sul rapporto richiesta/offerta di lavoro.

Su questa emergenza, a nostro avviso, manca ancora una capillare informazione da parte degli imprenditori e degli aspiranti a un’occupazione. Non è una questione d’intesa, ma di cooperazione. La programmazione del lavoro non sembra entrare nell’ottica della produttività nazionale. Ne deriva che anche la riqualificazione professionale, dopo una certa età, appare inconcludente. Dopo la scuola dell’obbligo, che resta una realtà comune per tutti, oltre alla scuola media superiore, esistono i corsi di formazione professionale. La loro durata triennale consente, se non con la matematica certezza, una buona garanzia per trovare un’attività meno precaria. Non sarebbe male riscoprire, con tutte le dovute garanzie, anche l’apprendistato nel settore dell’artigianato e delle sue attività correlate. Il “pezzo di carta” conta sempre di meno e si può, in ogni caso, ottenerlo anche esercitando un’attività lavorativa retribuita.

Siamo entrati nel “secolo tecnologico”, ma abbiamo percorso poca strada. A questo livello, la buona volontà non basta. E’ necessario fare molto di più e di meglio. Dovrebbero essere gli enti pubblici a fare convenientemente la loro parte. Non solo favorendo l’occupazione, a costi contenuti per il datore di lavoro, ma anche richiedendo una normativa che contenga il fenomeno della disoccupazione a livelli meno patologici. Insomma, non resta che favorire l’occupazione. Non c’è futuro per l’Italia, se mancano le possibilità di lavoro. Non esistono mestieri che i nostri giovani rifiutano a priori.

 Lavorare, oltre che un diritto, è un dovere. Utile per noi e per gli altri. Senza un’occupazione, non è possibile fare progetti. Mancando una certa tranquillità economica, la vita perde molto della sua qualità e le demotivazioni aumentano. Questo Esecutivo di Centro/Sinistra, pur se a tempo “determinato”, ha da tener conto anche di queste valutazioni. Perché prima di pretendere, sarebbe d’uopo dare. Attenzione: i “progetti” politici non sostengono né l’Italia, né, tanto meno, gli italiani.

Giorgio Brignola

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