Principale Arte, Cultura & Società Quando parlando di politica si faceva cultura

Quando parlando di politica si faceva cultura

Pierfranco Bruni

Erano i primi anni Novanta quando stabilimmo un antico dialogo, iniziato a metà degli anni Settanta, tra cultura e politica all’interno della sede nazionale romana del sindacato Libero Scrittori con interlocutori attenti. Domenico Fisichella, Giuseppe Tatarella , Francesco Grisi, Tommaso Romano, Marina Campanile e il sottoscritto eravamo i protagonisti di quel discutere tra cultura e politica.

Venivamo da esperienze diverse ma sempre vicini alla realtà cristiana. Io ero stato già consigliere comunale eletto addirittura nel 1975. Uno dei più giovani consiglieri comunali eletti nell’anno in cui il voto era consegnato ai diciottenni. Una formazione nella coerenza della conservatrice e tradizionalista.

Poi? Gli anni passano e il pensiero diventa pesante e pensante.
Nel 1993 – 95 quando fondammo “Alleanza Nazionale” con il Sindacato Libero Scrittori ponemmo una premessa: la politica deve essere cultura.

Intorno a questa idea creammo i primi processi di una politica culturale di una identità nazionale. Nel 1995 diventai Vice presidente della provincia di Taranto e Tommaso Romano della provincia di Palermo. Sino poi ad essere consigliere culturale alla Presidenza Camera dei Deputati, nella stagione di Fini presidente. Ma la riflessione va oltre. Andiamo oltre la cronaca?

La storia è la cronaca della politica con lo sbigottimento del fallimento delle ideologie.  Chi vive quotidianamente la politica come senso della storia conosce molto bene il fatto che se dovesse mancare una filosofia verrebbe meno l’orizzonte. Rispetto ad una filosofia della politica e del pensiero forte siamo stati trascinati nella debolezza della filosofia politica. Ovvero non abbiamo più posto al centro l’uomo ma le cose.

Dalla centralità dell’uomo come religione del pensiero si è passati alla prassi della ragione di Stato. Uno Stato impuro. Non di diritto. Non si è arrivati alla precarietà della realtà dell’attualismo moderno all’improvviso.

La politica è stata uccisa dalla irruenza della incultura. La mano pesante della magistratura è stato un atto di incultura politica. La politica muore nel momento in cui gli opposti si attraggono. Ovvero nel momento in cui sconfitto il comunismo dalla menzogna stessa della sua storia restano i comunisti senza accorgersi che il comunismo è fallimento.

Muore “filosoficamente” il marxismo ma la politica dei comunisti non smette la propria contraddizione. Cosa diversa per ciò che riguarda il fascismo.

Il fascismo implode per cause interne e non esiste più. Il comunismo esiste ancora come cadavere di ombre.

Se la seconda guerra mondiale non fosse stata vinta dal mondo asiatico, la Russia, e dal mondo oceanico occidentale, gli Stati Uniti, avremmo assistito ad una geografia completamente diversa di natura eurocentrica e Medio Oriente Mediterraneo.

L’Italia soffre il fatto di essere una Nazione Mediterranea nell’Europa Franco-Tedesca, che non ha modelli mediterranei di riferimento liberale tranne che dominazioni imperanti, come il bombardamento della Libia di questi anni recenti, eppure la Francia è socialista e liberale e non fascista.

L’Italia è vittima di una Europa stretta da una Unione di Stati che mal sopporta una sana politica mediterranea. Il sovranismo non è un negazionismo.

Oggi abbiamo gruppi politici che non hanno identità, ovvero partiti politici carenti di una cultura dei saperi euro-mediterranei.

Il Pd è un partito leopardo e coccodrillo. 5 Stelle non esiste nel quadro di una conoscenza internazionale. Singolarmente i partiti del Centro destra sono fuorvianti, o fanno una politica unitaria o si tagliano il futuro. Sono isolati. La Sinistra estrema è una improvvisazione, perché dal suo internazionalismo ancestrale governerebbe per un europeismo francotedesco, la solita ambiguità.

Il Centro Destra nella sua complessità  potrebbe accorciare le distanze tra politica liberale e società delle Nazioni. È l’unico gruppo che potrebbe diventare coeso con una mirabile visione di modernismo politico. Ma unito.

Bisognerebbe ricomporre una strategia della attenzione europea senza essere succubi di altre fasce di nazioni.

Ci sono i poteri da governare. In questi poteri entra anche la visione ideologica dell’attuale politica del Vaticano (lo abbiamo visto in questi mesi). La politica vaticana è l’ago di misura tra scuciture e rattoppi.

È vero come si usa dire che i “se” sono antistorici nella storia, ma non in una filosofia della politica.

Troppo ignoranza ritornare a parlare di fascismo o fascismi. Non esiste più perché non esiste più una filosofia fascista. È nei cassetti chiusi e sepolti con sopra lo scudo crociato. Il comunismo invece no. Perché i comunisti governano anche in democratica costituzione. Governano per volontà del mondo cattolico.

Questo è il vero dramma che si agita nella nostra contemporaneità. Come è stato letto e interpretato malissimo Aldo Moro. Fatto morire dalla non volontà di liberarlo da parte del PCI e della DC. La storia non si dimentica. Da quella morte e dalla uccisione di Bettino Craxi lo Stato Italiano trasforma, inavvertitamente o volontariamente, la Ragione di Stato.

Oggi non viviamo soltanto di precarietà ma di forte mediocrità. Quando la politica smette di essere filosofia la cultura di Nazione si fracassa nel dubbio della verità.

Quando la politica si riduce a cronaca o a pettegolezzi è difficile governare.

Il comunismo è imperante non per sue capacità ma per volontà del mondo cattolico. Ovvero i comunisti del retaggio. Una combinazione che diventa il male assoluto del presente. Condizionano il futuro di una Nazione libera e laica (mai laicista). So  bene che il suicidio della politica passa attraverso l’omicidio della cultura, come ho intitolato un mio libro di venti anni fa. Un libro che è diventato successivamente “L’estetica della politica”. Io ripartire da qui. Da una estetica nuova della politica per dare un senso ad una politica della cultura dentro il quotidiano vivere.

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