La vittima era stata accusata dal boss di avergli rubato il succo di frutta. È successo nel tratto di mare tra Marocco e Spagna, scrive El Mundo
di Brahim Maarad
Il gommone – scrive El Mundo – era partito il pomeriggio del 5 luglio dalla spiaggia di Kariat Arkmane (vicino alla città di Nador, a nord del Marocco) ed è arrivato all’alba del giorno successivo in acque spagnole, nel mezzo del Mare di Alboran. Erano partiti in 17 ma sono arrivati in 16. “Gli ha tagliato la testa, è impazzito”: ha urlato terrorizzato uno dei giovani che si trovavano sulla barca, appena soccorso dalla Croce Rossa sulla costa andalusa.
L’attraversamento di oltre 200 chilometri nel Mare di Alboran è diventato troppo lungo. Il sole bruciava, la stanchezza (fisica e psicologica) aumentava e la sete colpiva forte lo stomaco. Ogni migrante, tutti provenienti dall’Africa subsahariana, portava con se’ un piccolo sacchetto con del cibo e una confezione di succo. Il proprietario della barca, il guineano Oumar Diallo, che si era fatto pagare 2.500 euro a testa, anche lui aveva il suo pacco di sopravvivenza. Uno dei compatrioti gli ha pero’ bevuto il suo succo.
La reazione dello scafista è stata immediata: ha estratto un lungo pugnale e ha decapitato lo sventurato. Gli altri sono rimasti scioccati, terrorizzati al punto di non essere riusciti a fiatare. Diallo ha gettato la testa in mare e ha lasciato il corpo sul gommone per altri 45 minuti.
L’episodio è stato riferito da chi ha assistito alla scena alla polizia, dopo l’arrivo in Spagna. Sono stati portati tutti al Centro rifugiati di Malaga tranne lo scafista che è stato trattenuto dagli investigatori che indaga sull’omicidio. “Una settimana dopo i fatti molti ancora non riescono a dormire, in tanti hanno ancora bisogno di assistenza psicologica”, riferiscono i volontari del centro. El Mundo non riuscito a identificare la vittima ma ha ricostruito la storia dello scafista: l’Organizzazione marocchina per i diritti umani lo aveva denunciato diverse volte per la tratta degli essere umani. “Individua le persone nel suo Paese di origine, la Guinea, e le convince a partire, chiedendo in cambio 3 mila euro. La polizia marocchina lo ha fermato piu’ volte ma poi e’ sempre stato scarcerato”, ha raccontato Omar Naji, presidente dell’Ong.