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Il pensiero della sinistra

Da decenni, ormai, la sedicente “sinistra”, non professando più un’ideologia che si richiami, neppure vagamente, agli ideali del comunismo, e non seguendo più una linea anticapitalista, né ancor meno una piattaforma politica classista (non oserei definirla “operaista”: sarebbe eccessivo), che si riveli almeno coerente e credibile agli occhi dei ceti popolari subalterni (il proletariato e il lumpenproletariat, cioè il sottoproletariato), con un programma in grado di vincere e convincere, alternativo in modo radicale rispetto all’egemonia di segno neoliberista, ha smarrito qualsiasi bussola e naviga disorientata. Anzi, ha finito per abbracciare l’ideologia degli ex “nemici di classe”. Per cui essa si limita a denigrare i propri “avversari elettorali” (o presunti tali: ieri Berlusconi, oggi Salvini), apostrofandoli come “fascisti”, “razzisti”, “populisti”, “sovranisti” e via discorrendo.

Non a caso, in Italia, la “sinistra” è, già da diverso tempo, diventata il più fedele e devoto alleato del capitalismo finanziario monopolista e globalista. Invito chiunque a smentirmi. È inevitabile, pertanto, che nell’enorme voragine politica formatasi a “sinistra”, si inseriscano altre forze e altri soggetti politici, di matrice ed ispirazione “populista” (adopero questo termine solo per comodità ed efficacia comunicativa), pronti ad ergersi al rango di “paladini” dei diritti e degli interessi socio-economici di quelle masse popolari e lavoratrici che, un tempo, costituivano il blocco sociale di riferimento proprio della ex “sinistra”.

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