Principale Attualità & Cronaca L’ex giudice Francesco Bellomo è agli arresti domiciliari

L’ex giudice Francesco Bellomo è agli arresti domiciliari

L’ex giudice Francesco Bellomo finisce agli arresti domiciliari. Le accuse nei confronti dell’ex consigliere di Stato sono quelle di maltrattamento, nei confronti di tre giovani borsiste e una ricercatrice, e di estorsione aggravata ai danni di una corsista, accaduto all’interno di “Diritto e Scienza”, scuola di formazione giuridica avanzata di Bari. I fatti risalirebbero agli anni compresi tra il 2011 e il 2018 in cui, secondo la gip del Tribunale di Bari, Antonella Cafagna, Bellomo avrebbe esercitato “una elevata attitudine alla manipolazione psicologica mediante condotte di persuasione e svilimento della personalità della partner nonché dirette ad ottenerne il pieno asservimento se non a soggiogarla, privandola di qualunque autonomia nelle scelte, subordinate al suo consenso”. Secondo l’accusa, Bellomo applicava un metodo sistematico di adescamento delle ragazze che, con la scusa della borsa di studio, rendeva succubi della sua persona e della sua posizione di superiorità.

L’ex giudice infatti aveva costretto le borsiste a firmare un contratto in cui veniva imposto di “attenersi ad un dress code suddiviso in ‘classico’ per gli ‘eventi burocratici’, ‘intermedio’ per ‘corsi e convegni’ ed ‘estremo’ per ‘eventi mondani'” e dovevano “curare la propria immagine anche dal punto di vista dinamico (gesti, conversazione, movimenti), onde assicurare il più possibile l’armonia, l’eleganza e la superiore trasgressività’ al fine di pubblicizzare l’immagine della scuola e della società”. Altre imposizioni riguarderebbero il “divieto di contrarre matrimonio, pena la decadenza automatica della borsa”, la fedeltà nei confronti del direttore scientifico (Bellomo) e l’obbligo di segretezza sul contenuto delle comunicazioni intercorse, così si legge sul contratto riportato nelle indagini.

Ulteriore capo di imputazione è quello per i reati di calunnia e minaccia ai danni di Giuseppe Conte. I fatti risalirebbero al 2017 quando il premier era vicepresidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e della commissione disciplinare che doveva pronunciarsi proprio sul caso Bellomo. Conte e Concetta Plantamura, ex componente della commissione, erano stati citati per danni poiché “hanno esercitato in modo strumentale e illegale il potere disciplinare, svolgendo deliberatamente e sistematicamente un’attività di oppressione […]”.

Il caso evidenzia come il “sistema Bellomo”, così come lo definisce la gip Cafagna, si fondi sull’abuso di una posizione di potere attuata grazie alla manipolazione mentale che Bellomo riusciva ad applicare alle ragazze che ne diventavano totalmente dipendenti. Infatti, in caso di comportamento a lui sgradito, egli reagiva “umiliandole, offendendole e denigrandole, anche attraverso la pubblicazione sulla rivista on line della scuola delle loro vicende personali, e minacciandole di ritorsioni sul piano personale e professionale”. Un caso di violenza psicologica che sarebbe dunque continuata per anni approfittando della posizione di potere che ricopriva ai danni di giovani ragazze.

Di Sara Carullo

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