Principale Politica Diritti & Lavoro Gli italiani non mangiano più pesce azzurro. Ed è un male

Gli italiani non mangiano più pesce azzurro. Ed è un male

Crollano gli acquisti di sgombri, alici e sarde, ma soffre anche il consumo di pesce bianco. Colpa del cambiamento degli stili di vita, che fanno preferire un pescato più facile da pulire e da cucinare

Gli italiani non mangiano più il pesce azzurro. addio ad alici e sgombri, quindi e, di conseguenza, a uno dei cibi più sani che il nostro mare ha da offrire. Gli acquisiti, secondo i dati di Coldiretti Impresapesca, sono crollati del 5% per le sarde e del 10% per le alici fino al 15% per lo sgombro.

Il rapporto ‘SOS pesce italiano’ elaborato dall’associazione sulla base di dati relativi al primo quadrimestre del 2019 dell’Ismea mostra che il consumo pro capite degli italiani è di circa 28 kg di pesce all’anno, superiore alla media europea, ma decisamente basso se confrontato con quello di altri Paesi che hanno un’estensione della costa simile, come ad esempio il Portogallo, dove se ne mangiano quasi 60 kg, praticamente il doppio.

Non a caso il pesce rappresenta solo la sesta voce di spesa nel carrello alimentare delle famiglie italiane per un valore che nel 2018 è stato di 488 euro, sostanzialmente sui livelli di dieci anni fa, secondo un’analisi Coldiretti su dati Istat. E intanto la flotta peschereccia italiana è scesa a quota 12 mila imbarcazioni, il 35 per cento in meno rispetto agli anni ’80.

Ma in realtà a subire un netto calo sono anche gli acquisti di pesce bianco con la riduzione dei consumi che coinvolge soprattutto le triglie, in calo del 14,2%, i merluzzi – 4,3%, le sogliole -3,6%, e le orate -2,1% mentre in controtendenza le spigole in aumento del 6,1%. In forte crescita è invece la domanda dei molluschi, dai polpi (+18,6%) alle seppe (+10,6%) fino alle vongole (+25,6%). Un fenomeno che si spiega soprattutto con gli effetti del cambiamento degli stili di vita e la nuova tendenza da parte dei consumatori a preferire tipologie di pescato più facile da utilizzare in cucina, meglio se privo di spine o comunque semplice da pulire, oltre che dal sapore più delicato.

Questo trend è sostenuto anche dalla produzione dell’acquacoltura, dalle spigole alle orate. Ma ormai nei laghetti artificiali italiani si produce persino il caviale Made in Italy che nel giro di pochi anni ha conquistato i mercati di tutto il mondo, a partire da quello russo, patria delle pregiate uova, per un valore delle esportazioni che nel 2018 ha raggiunto il valore di oltre 20 milioni di euro, in crescita del 32%.

Ma la diminuzione del consumo di pesce azzurro impatta direttamente anche sulla salute degli italiani, visto che questo tipo di prodotti ittici ha importanti caratteristiche nutrizionali, essendo il più ricco in assoluto per contenuto di Omega3, che proteggono il cuore, sostengono il metabolismo e combattono l’invecchiamento. Mangiare pesce, soprattutto azzurro, fa bene a tutte le età e nelle diverse fasi della vita, dall’infanzia, all’adolescenza, all’età adulta, alla gravidanza e menopausa, fino alla terza età, al punto che molte raccomandazioni internazionali e nazionali ne consigliano il consumo almeno 2 volte a settimana.

Come riconoscere il prodotto appena pescato? Innanzitutto è preferibile acquistarlo, laddove possibile, direttamente dal produttore che ne garantisce la freschezza, verificando anche sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere la zona di pesca. Occorre poi controllare che la carne abbia una consistenza soda ed elastica, che le branchie abbiano un colore rosso o rosato e siano umide e gli occhi non siano secchi o opachi, mentre l’odore non deve essere forte e sgradevole. Per molluschi e mitili, è essenziale che il guscio sia chiuso, mentre per i gamberi serve verificare che non abbiano la testa annerita. Meglio, infine, non scegliere i pesci già mutilati della testa e delle pinne.

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