Principale Politica Diritti & Lavoro Scoperto l’interruttore dei brutti ricordi

Scoperto l’interruttore dei brutti ricordi

(Foto Andrea Danti)

Manipolare il cervello per cancellare l’angoscia di un brutto ricordo. E’ lo scenario che si apre grazie a uno studio Usa pubblicato su ‘Current Biology’. Un esperimento condotto sui topi, ma definito promettente per future applicazioni sull’uomo nella terapia di depressione, ansia e stress post traumatico (Ptsd).

Il neuroscienziato della Boston University Steve Ramirez, autore senior del lavoro, e Briana Chen, primo autore, oggi alla Columbia University, hanno scoperto che nell’ippocampo – una piccola porzione cerebrale a forma di anacardo che immagazzina le informazioni sensoriali ed emotive di cui sono fatti i ricordi – si nasconde una sorta di ‘interruttore della memoria’. Un interruttore flessibile, che cambia funzione a seconda di dove si trova.

Dopo avere identificato le cellule che partecipano alla costruzione dei ricordi, i test hanno infatti dimostrato che, stimolando artificialmente le cellule della memoria situate nella parte superiore dell’ippocampo, il trauma collegato ai cattivi ricordi si attenua; al contrario, stimolando le cellule della parte inferiore la paura che si prova richiamando alla mente memorie negative aumenta, a indicare che quest’area potrebbe essere iperattiva quando un ricordo diventa talmente angosciante da scatenare una malattia. Almeno in teoria, dunque, spegnere questa iperattività potrebbe aiutare a trattare patologie come il Ptsd o i disturbi d’ansia.

“Il campo della manipolazione della memoria è ancora giovane”, spiega Ramirez che ha iniziato lo studio con Chen quando entrambi stavano portando avanti ricerche al Mit, Massachusetts Institute of Technology. “Sembra fantascientifico – ammette – ma questo lavoro è un’anteprima di ciò che verrà in termini di capacità di potenziare artificialmente i ricordi” di una persona “o di cancellarli“.

Gli autori fanno notare che l’esperimento è avvenuto sui topi, animali con un cervello molto diverso dal nostro. Quanto eseguito sulle cavie, dunque, ancora “siamo molto lontani dall’essere in grado di farlo negli esseri umani – puntualizza Chen – Ma la dimostrazione del concetto c’è” e, “come a Steve piace dire: mai dire mai, niente è impossibile“.

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