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Elezioni Ue: tutto già scritto?

Quante persone in Europa sono in grado di riconoscono i nomi di Frans Timmermans, Manfred Weber o Margrethe Vestager? Probabilmente saranno familiari a una minoranza, anche tra coloro che per lavoro o per cultura personale seguono con passione le notizie politiche. Ancora meno persone ne sapranno inoltre identificare in linea generale i progetti politici.

Ciò non sarebbe un problema se non si trattasse dei candidati a guidare la Commissione Europea e non fossimo alla vigilia di quello che, a detta di tutti, sarà un voto cruciale per il futuro dell’Unione (il favorito numero uno a guidare la Commissione resta a oggi Michel Barnier).

Evidentemente la scarsa penetrazione delle elezioni europee nel cuore degli elettori non dipende da demeriti specifici dei singoli candidati. Le colpe vanno ricercate in un processo democratico incompiuto e in un’architettura politica cervellotica e disfunzionale che promette di diventare ancora più cervellotica e disfunzionale nei prossimi anni.

Un esito scontato?

L’esito delle elezioni, stando ai sondaggi, dovrebbe registrare un’avanzata della forze a vario titolo euroscettiche, ma senza intaccare la possibilità per i partiti appartenenti alle famiglie popolari e socialiste di formare una maggioranza, magari con il supporto dei liberali. Tanto rumore per nulla dunque? Tutti i sondaggi mostrano come l’Unione sia in crisi di consenso e i cittadini europei confermano alla guida del Parlamento le forze che hanno retto la Commissione negli ultimi decenni?

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In realtà il voto, pur non essendo un evento dirimente, si inserisce in un contesto di disgregazione del quadro politico che sta avvenendo da molti anni in quasi tutte le latitudini del continente. Senza preconizzare scenari catastrofici, è prevedibile che in un contesto del genere il lavoro della prossima Commissione sarà più complesso di quello della Commissione attuale. Ecco perché:

  • Chi crede ancora nell’integrazione? In generale le forze europeiste sono meno europeiste di come lo erano 10 anni fa: ovviamente a parole quasi tutti i partiti politici tradizionali riconoscono i meriti di una riforma progressiva dell’Unione, ma l’idea che il processo di integrazione – su aspetti importanti come l’economia, la sicurezza, la politica estera – debba proseguire senza ripensamenti è sicuramente sempre meno condivisa (dagli elettori e dalle classi dirigenti stesse). Basti prendere la posizione molto variegata delle varie anime CDU tedesca, senza contare le posizioni sempre più contrarie all’integrazione di molti stati dell’Europa dell’Est.
  • Il Parlamento Europeo, al contrario di quanto si è detto da più parti in questi giorni, svolge un ruolo molto importante all’interno del processo legislativo. Il periodo post Trattato di Lisbona è stato sempre caratterizzato da un unità politica tra la maggioranza di Grande Coalizione del Parlamento, il governo dei principali Paesi e di conseguenza la Commissione. Per la prima volta questo equilibrio viene di fatto spezzato, dal governo italiano per esempio i cui rappresentanti non appartengono alle forze politiche di grande coalizione, ma anche da numerosi altri governi (come quello Spagnolo o per certi versi quello tedesco) che si trovano sostenuti da maggioranze parlamentari o da coalizioni con idee variegate riguardo la politica europea.
  • Un primo banco di prova di questo nuovo equilibrio sarà il processo di formazione della prossima Commissione, che si giocherà con la nomina del prossimo Governatore Ue tra le varianti sul tavolo. Come detto la rottura dell’unità politica maggioranza parlamentare e i governi leader è uno scenario inedito: il Parlamento dovrà votare la formazione della Commissione che verrà nominata secondo logiche di negoziato tra i governi.
  • Anche il processo decisionale potrebbe diventare ancora più difficile. All’interno dei cosiddetti trilogi, le importantissime riunioni informali dove si mediano gli interessi spesso divergenti delle varie istituzioni, la Commissione svolge spesso un ruolo di mediazione tra Parlamento e Consiglio, o almeno lo ha avuto fin quando ha rappresentato più o meno fedelmente la volontà politica del Parlamento.
  • Infine a complicare ancora di più il quadro c’è il fatto che l’attuale schieramento politico tra sovranisti e nazioanlisti non si sovrappone perfettamente con schieramenti di tipo regionale, che peraltro sono molti fluidi a seconda del tema. Si pensi al caso dell’immigrazione, dove gli schieramenti nazioanlsiti si trovano d’accordo con la Francia nell’ostacolare una soluzione comune. Questa ulteriore divergenza di interessi (politici oltre che nazionali) porterà ulteriore complessità.

Insomma se la transizione che stiamo vivendo a livello globale ha creato problemi di governabilità un po’ ovunque, mettendo in crisi anche sistemi istituzionali (come quello britannico) che sono sopravvissuti a secoli di stravolgimenti politici, è ragionevole prevedere che essa renderà almeno più complesso il procedimento legislativo in un’istituzione che ha già dimostrato limiti di governance.

Tutti questi fattori sollevano più di qualche dubbio sulla capacità dell’istituzione di far fronte alle sfide del contesto internazionale. D’altra parte, storicamente l’Unione Europea ha saputo trovare degli spunti per far progredire il processo d’integrazione proprio quando è stata messa alle strette dal mutamento del contesto globale: lasciamo aperta dunque la possibilità di essere stupiti, ma dobbiamo notare che il contesto politico e la volontà popolare sia meno favorevole in questo momento, forse meno favorevole di quanto sia mai stata.

La reazione dei mercati

Per il momento l’esito piuttosto prevedibile delle elezioni non le pone in cima alle preoccupazioni dei mercati. Tuttavia, il quadro potrebbe cambiare in caso di risultato molto superiore alle aspettative (anche solo a livello locale in uno degli Stati membri principali) di partiti fortemente euroscettici Anche un’eccessiva complessità nelle trattative che seguiranno le elezioni potrebbe innervosire i mercati. Nel medio/lungo termine le criticità politiche dell’Unione sembrano lontane dal trovare una soluzione. In questo caso gli spread sono da tenere sotto controllo.

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