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Disabile morto a Manduria, l’assordate silenzio che uccide Antigone

Disabile morto a Manduria, l’assordate silenzio che uccide Antigone: “E’ urgente lavorare tutti per colmare il vuoto educativo delle giovani generazioni abituate al tutto e subito nella vita reale come in quella virtuale. 

Se non agiamo immediatamente rischiamo di perdere un’intera generazione ed insieme a questa il futuro del pianeta” 

“L’educazione comincia dalla nascita” dichiarava Maria Montessori, pedagogista e scienziata italiana il cui nome è legato indissolubilmente al pensiero di un mondo in cui vi è prima di tutto il bambino, i suoi interessi e i suoi bisogni. Il minore inteso come soggetto portatore di diritti e persona da proteggere e tutelare.

La storia ci ricorda che nelle società occidentali il minore d’età è diventato soggetto portatore di diritti e di un proprio status giuridico solo nel XVIII secolo grazie all’avvento dell’Illuminismo e alla nascita di movimenti d’opinione composti da medici, insegnanti, educatori e psicologi, che reclamavano una maggiore protezione del minore negli Ordinamenti giuridici del tempo.

Nel 1959 è stata approvata la “Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo” i cui Principi universali si spinsero ben oltre l’offrire una generica protezione al minore garantendo il bisogno e di conseguenza il diritto del fanciullo a usufruire di una speciale protezione, in modo da essere in grado di crescere sano sul piano fisico, intellettuale e morale, spirituale e sociale, in condizioni di libertà e dignità. Significativa è la parte in cui le Nazioni Unite sancivano il diritto del bambino “ a crescere sotto le cure e le responsabilità dei genitori e, in ogni caso in un’atmosfera d’affetto e di sicurezza materiale e morale.” 

Parimenti la Costituzione italiana all’art 10 comma 2, ha fatto propri questi principi, ribadendo che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” , così come il D.P.R. n. 448 del 22 settembre 1988 che traccia tutto il sistema di norme su cui è fondata la nostra giustizia minorile.

Se dunque ci sono voluti molti secoli perché i nostri Ordinamenti si dotassero di una giustizia e, prima ancora, di una sensibilità verso i minori istituendo organi ad hoc come il Tribunale per i Minorenni, è bene ricordare che la giustizia minorile va difesa da chi minaccia di modificarla attraverso proposte dal sapore populista, come quella di abbassare l’età dell’imputabilità. Le recenti proposte di modifica del diritto minorile non solo sono foriere di violazioni sistematiche delle norme e dei Trattati internazionali, ma profondamente sbagliate sotto ogni profilo.

Una settimana fa a Manduria, un paese della provincia di Taranto, è stato ucciso un uomo disabile. Sotto accusa una baby gang del posto composta da ragazzini quasi tutti minorenni. In questi giorni abbiamo ascoltato le reazioni del paese, dei cittadini e delle Istituzioni. Sull’onda emotiva e di sconcerto generale si sono levate voci autorevoli proferire parole come “Daremo pene esemplari”. Il linguaggio, prima ancora che le azioni, dovrebbe liberarsi da parole del genere che nulla a che fare con le regole dello Stato di diritto e nel caso di specie del Diritto minorile. L’arma penale è legittima per carità, ma da sola non sufficiente a governare fatti gravissimi caratterizzati da una componente sociale che non può restare secondaria. I ragazzini risponderanno dei loro crimini, ma sino a quando noi adulti non sapremo cogliere l’ulteriore aspetto della vicenda non ne usciremo bene. Emerge prepotentemente il vuoto educativo e culturale dietro queste gesta consumate e ripetute nemmeno fossero routine dal 2014, la solitudine di un uomo disabile non affidato ai Servizi sociali del suo paese, la netta distanza che separa le famiglie dalle vite dei figli e il vuoto affettivo di chi doveva proteggere quella persona. Come cittadini e come educatori siamo chiamati a intervenire senza indugio insegnando ai ragazzi il rispetto del sé che inevitabilmente passa attraverso il rispetto dell’altro, il valore della vita e i principi fondamentali su cui si fonda la convivenza sociale. Non bastano pene esemplari, né lasciare la gente a marcire in galera, ma servono programmi di rieducazione, accompagnamento dell’autore di reato, trattamento consapevole e personalizzato.

In momenti di profonda irrequietezza sociale è dovere delle Istituzioni lavorare affinché sentimenti quali vendetta e odio vengano trasformati in fiducia, diritto all’ascolto e al benessere della collettività. Il linguaggio d’odio e di istigazione deve lasciare il passo a quello moderato scandito da parole resilienti capaci di rincuorare le persone senza dover minacciare l’arma penale quale soluzione volta a dirimere i complessi fenomeni sociali. In Italia, dove la pancia pesa più della testa la propaganda governativa racconta di fantomatiche emergenze sicurezza che hanno portato ad approvare la legge sulla legittima difesa. I reati sono in calo ma qualcuno cavalca per scopi personali e di elettorato il populismo penale.

Dall’altro è urgente lavorare tutti per colmare il vuoto educativo delle giovani generazioni abituate al tutto e subito nella vita reale come in quella virtuale. Se non agiamo immediatamente rischiamo di perdere un’intera generazione ed insieme a questa il futuro del pianeta.

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