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Ho scritto a Charles Manson e lui mi ha risposto con un disegno

Charles Manson e il suo disegno. Foto via Wikimedia Commons e Rocco Casella.

Negli anni Ottanta, Rocco Casella ha scritto a Manson e ai membri della sua “famiglia”. Ecco cosa ha ottenuto in risposta.

Ci sono un sacco di persone a cui piacciono serial killer e affini. E ora, sull’onda della morte di Charles Manson—l’ex leader di un culto che ha ispirato almeno nove omicidi negli anni Sessanta—stanno uscendo un sacco di pezzi d’opinione che cercano di spiegare il perché di questa passione.

Ma cosa significa avere un’ammirazione tale da decidere di diventare amici di penna di una persona accusata di svariati omicidi? Ce lo racconta Rocco Casella.

VICE: Quando hai cominciato a interessarti a Charles Manson e alla Famiglia?
Rocco Casella: A 17 anni ho letto per la prima volta Helter Skelter [un libro sull’argomento, scritto nel 1974 da Vincent Bugliosi e Curt Gentry] e ho visto anche la miniserie con Steve Railsback. Era il 1988 e io ero un ragazzo qualunque: giocavo a football, non andavo particolarmente bene a scuola, mi piacevano l’arte e i computer. Avevo anche una passione per i film dell’orrore. Ecco, la storia di Manson mi ha spaventato molto più di qualsiasi film, proprio perché Manson e i suoi seguaci erano persone reali.

Ti affascinano i serial killer in generale, o solo Manson?
Charles Manson è stato il primo serial killer a cui mi sono appassionato. Dato che sono nato e cresciuto a Chicago conoscevo anche la storia di John Wayne Gacy, avevo sentito parlare di lui. Ma non ero particolarmente interessato ai serial killer prima di leggere la storia di Manson e della Famiglia.

Quando hai deciso di scrivergli?
Quello stesso anno, il 1988. All’epoca lavoravo in una libreria, e un cliente era entrato chiedendo un libro intitolato The Garbage People, che parla della Famiglia. Qualche settimana dopo era tornato con una lista di indirizzi dei carceri in cui erano detenuti i membri della Famiglia. Penso che stesse cercando di farsi notare. Comunque una volta messa mano sugli indirizzi ho scritto a tutti i membri della Famiglia Manson: Patricia Krenwinkel, Leslie Van Houten, Lynette Fromme e ovviamente Charles Manson. Solo Fromme e Manson mi hanno risposto.

Il disegno che Charles Manson ha inviato a Rocco Casella. Tutte le foto per gentile concessione di Rocco Casella.

Cosa gli hai scritto?
Ho mandato delle lettere normali, in cui scrivevo cosa sapevo di loro dai libri che avevo letto. Ma volevo farmi raccontare la loro versione dei fatti. Le due risposte che ho ricevuto sono arrivate circa quattro mesi dopo. Volevo sapere se i media avevano ragione o no. Avevo guardato un documentario sulla Famiglia in cui le ragazze dichiaravano che molte delle cose che si dicevano sul loro conto non erano vere. Quindi volevo sentire la loro versione.

Cosa ti ha scritto Manson nella sua lettera?
Mi ha mandato la fotocopia di un disegno e una sola frase: “Guardami dall’alto e vedrai un pazzo, guardami dal basso e vedrai il tuo signore. Guardami negli occhi e vedrai te stesso.”

Non ti ha spaventato quella lettera?
Più che altro sono rimasto deluso. Quella frase l’avevo già sentita in un’intervista. Ho pensato fosse una delle frasi standard con cui rispondeva a ogni lettera, che non ci fosse niente di personale in quella che mi aveva mandato.

E invece Lynette Fromme cosa ti ha scritto?
Mi ha risposto con una cartolina. Diceva, “Mi piace—e penso piaccia un po’ a tutti—sentire una notizia dalla fonte originale piuttosto che sentirne un’interpretazione fatta da un giornalista. I giornalisti hanno la brutta abitudine di lasciare sempre fuori quello che si è detto veramente. Mi piacerebbe che i giornali chiudessero perché sono inaccurati, effimeri e per produrli si usano un sacco di alberi.”

La cartolina che Rocco ha ricevuto da Lynette Fromme.

Che altro dice la cartolina?
Dice: “Le notizie di oggi sono la spazzatura di domani. Il che porta a un giornalismo ancora peggiore. Per quanto riguarda le mie opinioni: non sono cambiate molto dal giorno in cui sono entrata in carcere, ma vedo sempre più gente che le sostiene. Lynette.”

I tuoi amici e i tuoi genitori sapevano che gli avevi scritto? Che ne pensavano?
I miei amici lo sapevano. Quando sono arrivate le risposte le ho mostrate a mia madre e mi ha detto che ero un idiota. Ma poi le ha portate al lavoro per farle vedere a tutti.

Hai mai pensato di continuare la corrispondenza?
Non ho più pensato di scrivergli. In quel periodo mi interessava questo nuovo metodo di profiling che l’FBI stava utilizzando su tutti i serial killer viventi, il progetto condotto dall’agente John Douglas [quello che ha ispirato la serie di Netflix Mindhunter], e volevo fare quel lavoro. Quando ho ricevuto le risposte ho capito che se volevo risposte dirette dovevo impegnarmi, e che sarebbe stato uno spreco di tempo se nessuno mi pagava per farlo. Così ho lasciato perdere e mi sono interessato ad altro.

Come ti sei sentito quando hai saputo della morte di Charles Manson?
Un po’ triste. Non per Manson, ma per tutte le persone a cui ha fatto del male. E dato che ho letto parecchio sul tema, so che è stato una persona molto turbata fin dal principio. Non ha mai avuto una vita normale. Penso sia per questo motivo che non ha saputo adattarsi alla vita reale. È stato in carcere o in altre istituzioni per 68 dei suoi 83 anni di vita. Non ha conosciuto nient’altro.

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