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Banche nel guado: un terzo del business nelle mani di Amazon & co. L’allarme di Intesa Sanpaolo

gruppi dell’hitech sono destinati a sottrarre quote crescenti di business alle banche: i timori suscitati nel settore finanziario tradizionale dall’apertura del mercato del prestito e dei pagamenti a nuovi attori del mondo tecnologico vengono confermati sul Financial Timesdal Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, e da un nuovo studio di Citigroup che traccia gli andamenti del settore bancario tradizionale di qui al 2025 e indica che il 34% del business potrebbe sparire a vantaggio di colossi come Amazon e Google e di start-up del fintech altamente innovative.

Le aziende tecnologiche faranno concorrenza agli istituti di credito consolidati con una serie di servizi finanziari per il mercato di massa disegnati con le caratteristiche di agilità e facilità d’uso che hanno determinato il successo di gruppi come Google e Facebook. Intesa Sanpaolo, la numero uno delle banche italiane per capitalizzazione di mercato, ha già messo in preventivo la possibile perdita di quote di mercato che si spostano verso rivali “focalizzati sul digitale” in alcune delle attività mainstream, soprattutto i pagamenti, indica Messina. “E’ chiaro che si profila una minaccia e nel nostro piano strategico abbiamo già previsto che la porzione di guadagno che oggi deriva dal business dei pagamenti potrebbe ridursi”, ha dichiarato il Ceo del gruppo bancario italiano sul Financial Times, pur aggiungendo che i clienti più facoltosi, e nelle fasce di età più elevate, saranno restii ad affidare i loro risparmi ai player del digitale e vorranno rimanere fedeli alle banche; per questo gli istituti tradizionali dovranno concentrarsi sui servizi a valore aggiunto, come assicurazioni e asset management.

La visione di Messina è condivisa nel settore banario internazionale: la ricerca condotta da Citigroup intitolata “Bank of the Future” prevede che, entro il 2025, le banche del Nord America potrebbero perdere oltre un terzo delle entrate dalle attività tradizionali – gestione del risparmio, pagamenti, prestiti, investimenti – a favore di nuovi entranti del mondo finanziario fortemente basati sulle tecnologie digitali. Il mercato bancario di Stati Uniti e Canada subirebbe l’impatto più profondo, capace di modificare radicalmente il business degli incumbent per effetto dei “disrupters”, attori rivoluzionari che includono fintech, società tecnologiche e le stesse start-up che le banche hanno recentemente avviato o finanziato nel tentativo di farsi trovare pronte alla trasformazione digitale. Società dei prestiti peer-to-peer come Funding Circle e Lending Club contano quote crescenti di clienti, così come le app dei pagamenti o le banche solo online Atom (nel Regno Unito) e Bank of the internet UsaIn Europa è anche la nuova direttiva sui pagamenti Pds2 a favorire la digitalizzazione del settore aprendo il mercato a attori finora esterni al mondo finanziario grazie all’open banking, che impone agli istituti tradizionali di condividere informazioni dei clienti con terze parti accreditate che possono costruire servizi a valore aggiunto.

“La maggior parte dei cambiamenti su scala globale deve ancora verificarsi”, commenta Ronit Ghose, direttore della divisione Global banks research di Citi. “Ci sono ampi spazi per spostamenti nelle quote di mercato di qui al 2025 e rischi anche di uscire dal business per alcuni incumbent che non tengono il passo”. Ghose nota che negli Usa sono attivi colossi hitech, con Amazon in prima fila, molto interessati a entrare nel business della finanza e che esiste una nutrita schiera di start-up del fintech; gli istituti tradizionali sono ancora troppo lenti nel rispondere ai cambiamenti.

In particolare, lo studio di Citi mostra che la spesa It delle banche dell’eurozona è invariata dal 2009, mentre quella delle banche Usa è cresciuta di circa il 2% – ancora troppo poco, per un settore alle prese con la digital transformation. Lo ha sottolineato di recente anche il Disruptive Index di Accenture: quello bancario sarà il settore tra i più coinvolti dalla disruption tecnologica nei prossimi tre anni e gli attori tradizionali dovranno saper cogliere velocemente l’opportunità di ripensare i posizionamenti strategici e le logiche competitive e collaborative e rifocalizzare gli investimenti in innovazione.

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