Principale Politica Diritti & Lavoro Così l’Italia ricca cancella l’Italia

Così l’Italia ricca cancella l’Italia

Il Corriere di Puglia e Lucania apre il dibattito sulla possibile secessione dell’Italia.

Invitiamo i nostri lettori a non stare a guardare e difendere il Sud!

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Lino Patruno

L’Italia ha gettato la sua ridicola maschera, e non solo perché è carnevale. La maschera che per 158 anni ci ha fatto credere che fosse un Paese unito e con gli stessi diritti per Nord e Sud. Con la secessione del Nord iniziata in Consiglio dei ministri, si esce dall’inganno. E si ammette ufficialmente ciò che era evidente da allora: la sottomissione del Sud da parte dei forti e privilegiati che dopo essersene arricchiti se ne vanno per conto loro. E non prendendo la Bastiglia o con gilet di chissà quale colore. Ma in giacca e cravatta e con l’appoggio di un governo che sottoscrive la fine del Paese con la stessa indifferenza di una pizza e birra. E col silenzio quasi generale di un Sud arreso e invertebrato. Se non complice.

E’ stata presentata la prima bozza dell’accordo che consentirà a Veneto, Lombardia ed Emilia di ottenere l’autonomia rafforzata. In pratica di fare tutto per conto loro come se lo Stato non esistesse più. Scompaiono il servizio sanitario nazionale e la scuola uguale per tutti. Ma soprattutto la bozza permetterà alle tre di trattenere per sé le proprie tasse (inizio, una parte di Irpef), come se fossero cosa loro e non dello Stato. Sottraendone l’importo al resto del Paese, cioè il Sud, così impoverendolo ancòra di più nella più assoluta normalità. Loro avranno la migliore sanità, la migliore scuola, i migliori trasporti. Loro vivranno nella migliore maniera in un Paese in cui gli altri dovranno arrangiarsi. Morire ancòra prima, come già avviene. Con ancòra meno lavoro. E se non ti va bene, emigra, come in verità i meridionali sono condannati a fare dall’inizio dell’Italia in poi.

Insomma Veneto, Lombardia, Emilia se ne vanno dall’Italia rimanendoci. Perché non sono stupidi per non capire quanto gli convenga. Un Paese in cui già ora producono nelle condizioni più favorevoli e gli altri acquistano i loro prodotti. Incassano i profitti delle loro imprese che operano al Sud facendoli col sangue dei meridionali. Utilizzano i soldi che i meridionali riescono eventualmente a mettere in banca. Continuano ad avere l’alta velocità ferroviaria e i meridionali a metterci otto ore da Bari a Reggio Calabria. Col federalismo differenziato sarà sempre peggio. Per legge, addirittura. Perché dopo aver beneficiato della spesa pubblica sempre maggiore da loro, ora ci aggiungeranno le tasse che pagheranno ma spendendosele a casa propria.

E’ il trionfo del vecchio sogno di Bossi il quale aveva la dabbenaggine di urlare come in una Curva Sud e di parlare di una inesistente Padania. E’ il trionfo di una Lega non cambiata rispetto a quando era Lega Nord. E che ottiene la secessione del Nord alle condizioni più invidiabili. Chiamandola in altra maniera. Incassandola senza che Veneto e compagni debbano costituire un loro comico e impotente mini Stato. Con un alleato di governo che l’appoggia come neanche Forza Italia e An avevano fatto. E addirittura col silenzio-assenso del Pd di opposizione. Cos’altro di meglio?

Il Sud ha più o meno reagito, anzi non ha reagito, con la solita aria di chi si è convinto che non ci sia più niente da fare. E che la sua colonizzazione sia un destino. Anzi, visto che c’è festa, c’è festa per tutti. Chiediamola anche noi questa autonomia. Che non è un peccato, ancorché non in dosi così massicce. Ma non si può essere autonomi e combattere ad armi pari per lo sviluppo di tutti se queste armi non sono pari. Se non si parte da zero a zero. Se non si hanno gli stessi ospedali, le stesse scuole, gli stessi treni. E se non si ha una qualità minima di servizi mai garantita in diciotto anni di inizio di federalismo. Il quale è stato per il Sud l’annunciata fregatura di tasse più alte e diritti più bassi. Coi risultati nella disoccupazione e nella povertà.

Ma tutti sono sembrati non accorgersi della polpetta avvelenata del Veneto e dei soldi da tenersi. Finora solo la Calabria ha votato una risoluzione con cui diffida il governo dal procedere. Il presidente campano De Luca prima ha tuonato poi ha detto che se ne può discutere ma con paletti (come è giusto). Il governatore pugliese Emiliano è stato il primo ad applaudire entusiasticamente il Veneto dicendo di volere le stesse cose. Ora ha frenato per evitare attacchi elettorali (c’è fronda nella sua stessa maggioranza), ma convinto che non chiedere più poteri sia una occasione persa anche per ridiscutere dello squilibrio. Intanto l’ex presidente campano, il berlusconiano Caldoro, ha lanciato un referendum per costituire la macroregione del Sud.

Ma se tutto questo si chiama mobilitazione, vuol dire che la befana esiste. Silenzio gli imprenditori. Silenzio la maggior parte della politica. Silenzio l’intellighenzia universitaria, quella che preferisce discutere di briganti per dire che, orrore, erano proprio briganti. Il silenzio di chi ha smarrito anche la dignità. Le foibe del Sud.

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