BARI – Il “Reddito di cittadinanza” è legge dello Stato; con i suoi limiti ma anche con la sua carica sociale innovativa a di concreto sostegno alla povertà in Italia.
La vecchia classe dirigente del Pase continua a non percepire il grido di dolore lanciato da diversi anni e da tantissimi italiani: dall’invalido con 200 euro al mese al disoccupato; dalle famiglie sradicate dalle proprie abitazioni acquistate con un mutuo non più sostenibile, ai giovani disoccupati del Sud; dal pensionato costretto a mendicare un pasto nelle mense caritatevoli, all’operario licenziato e gettato in mezzo alla strada con la sua famiglia; dallo studente costretto a lasciare gli studi per motivi economici, resi strutturali dalla crisi, all’emergere di una istruzione classista, per pochi, di vecchia memoria.
Il Reddito di cittadinanza, sicuramente migliorabile nella sua applicazione, ha, a nostro parere, finalità sociali nobili e condivisibili nei suoi intenti, che riteniamo improcrastinabili.
In questi ultimi anni la forbice tra possessori di ricchezza e povertà è aumentata. Le classi popolari da anni restano inascoltate da parte di una élite politica disattenta ai problemi reali dei Paese e tutta protesa ad iniziative incomprensibili per il cittadino in grave stato di necessità: dal sostegno a Banche vicine al potere, all’abrogazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori; da un incomprensibile Referendum costituzionale in un momento di povertà assoluta per tantissimi cittadini, ai cambi continui alla guida del Governo; dalla “Fornero” agli operari “esodati” senza paga e senza pensione. Senza intaccare minimamente i privilegi del ‘palazzo’. Una classe politica che oggi grida, irresponsabilmente , contro il “Reddito di cittadinanza” , non rendendosi conto che lo stesso è necessario, vitale, per alleviare la disperazione di tanti italiani, ridare fiducia nello Stato Repubblicano e ‘sminare’ un terreno su cui l’estremismo politico potrebbe trovare l’humus necessario per far ripiombare l’Italia negli anni bui del terrorismo.
Garantire a tutti i cittadini i diritti primari e la perequazione di trattamento non è solo un problema etico e di civiltà, ma un preciso dettato Costituzionale.
Parlare di Referendum contro siffatta iniziativa politica è assurdo e sottolinea ancora l’incapacità di buona parte della politica italiana a comprendere lo stato reale in cui versano i cittadini falcidiati nei diritti essenziali da anni di crisi economica; significa essere incapaci di leggere i bisogni della gente disperata e la loro rabbia difronte ad una politica elitaria che negli ultimi anni si è allontanata sempre di più dalla gente comune.
Ben venga il sostegno alla povertà e contro le vistose disuguaglianze sociali; il nostro compito sarà quello di ‘costruire ponti’ per migliorarlo, armonizzandolo con la necessaria crescita strutturale della nostra economia.
Vincenzo Servedio, Segretario Provinciale NUOVO PSI Bari