Principale Politica Diritti & Lavoro Recensione “quel millenovecentosessantanove” di Giuseppe Resta (ed Icaro)

Recensione “quel millenovecentosessantanove” di Giuseppe Resta (ed Icaro)

Il protagonista del romanzo, Lu Luigi – indicato così in tutto il libro, alla maniera salentina – nell’estate del 1969 perfeziona la sua educazione sentimentale.

Quell’estate, di svago ma anche prodromica di future decisioni scolastiche e … sentimentali, costituisce il tempo delle sue avvincenti avventure, emozioni, pensieri, parole, opere e – è il caso di dirlo – omissioni.

Il contesto sociologico è quello del Salento alla fine degli anni Sessanta, caratterizzato da usi, costumi e vezzi paesani. Anche il linguaggio contiene gli intercalari, le espressioni dialettali, il modo di pensare del protagonista e dei comprimari.

Lu Luigi è un adolescente alle prese con le sue pulsioni, accentuate da una serie di episodi, talvolta simpatici equivoci, che ne provocano la sfrenata fantasia.

L’autore si cimenta con questi racconti per ripercorrere quel periodo ricco di emozioni e sensazioni che tutti abbiamo provato, con la certezza – letterariamente ben espressa – che infine tutta una serie di desideri sono destinati a restare tali. Presunte occasioni per esercitare la fantasia non sono altro che il modo per crescere e maturare e capire che la vita è altro. E che la realtà è ben diversa dalla fantasia.

Spesso l’autore sottolinea che si tratta di un contesto rurale, non social, in cui i rapporti umani e la bellezza femminile, pur con qualche intemperanza, venivano gustati di persona, non attraverso lo schermo di un cellulare. Se ci scappava qualche complimento ardito, ci si metteva la faccia.

Oggi tante donne mettono foto provocanti sui social, attirandosi volgarità e proposte, e si sentono in dovere di fustigare e documentare le intemperanze dei corteggiatori, rei di provarci, pure essendo sistemati, sposati e fidanzati.

Cinquant’anni fa qualche ingenuità restava tale, magari affascinava i pensieri e i desideri di chi guardava, ma poi il contesto sociale – reale – sistemava tutto e faceva rientrare ogni cosa nella giusta dimensione.

“Le più belle fantasie differiscono sempre dalla realtà” ammonisce l’autore.

E lì la realtà era rappresentata da viaggi in treno, bagni collettivi al mare, feste patronali, feste in giardino con strumentazioni “fai da te”, complicità amicali con i più grandi, con le ragazze approcci timidi ma romantici e accorati, anche qualche pensiero poco casto risultava poetico e si accompagnava a sentimenti forti come l’amicizia, la lealtà, l’amore, l’ammirazione della bellezza.

L’ironia, lieve e non volgare, emerge nell’incedere del romanzo e nella descrizione di simpatici siparietti.

“Niente, cose così”, come intercalava sempre Lu Luigi, modello di una adolescenza in cui in tanti ci riconosciamo, provando tenerezza e malinconia per quel periodo ormai lontano nel tempo – vissuto quasi senza accorgercene – ma che ancora scalda il cuore e … anche la fantasia.

Agostino Picicco

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