Il neonato è stato portato nel pronto soccorso del Cannizzaro, dove è stato intubato, e poi trasferito nella rianimazione della Neonatologia del Garibaldi-Nesima, dove è deceduto il giorno dopo il ricovero. Le indagini del commissariato di polizia Borgo-Ognina sono state coordinate dal procuratore Carmelo Zuccaro, dall’aggiunto Ignazio Fonzo, che coordina il dipartimento reati contro le persone, e dal sostituto Fabio Saponara.
“Avevo la mente oscurata e non so spiegare cosa è successo ma sicuramente non volevo uccidere mio figlio – ha detto nell’interrogatorio davanti al pm -, non ho mai pensato di ucciderlo perché io lo amavo”. Ai magistrati, come ricostruisce il suo legale, l’avvocato Luigi Zinno, la donna ha detto di “essersi sentita male” e che la sua intenzione era di “gettarlo sul letto e non per terra”. “Quel giorno stava male – aggiunge il penalista – e aveva chiamato suo padre, che era al lavoro, per dirgli se poteva tornare a casa. La signora aveva avuto un’infanzia dolorosa per la morte della madre, che ha perso quando aveva 11 anni. Quando è rimasta incinta è andata a vivere con la nonna”. Secondo l’avvocato, la 26enne ha sofferto di “una grave forma di depressione post partum, che ha aggravato la sua condizione di persona fragile psicologicamente”. Per questo il padre le aveva fissato degli incontri con specialisti, ma lei non sarebbe andata. La giovane aveva avuto una gravidanza difficile che ha portato a termine da sola senza il giovane con il quale aveva concepito suo figlio. Solo dopo la tragedia il ragazzo suo coetaneo, che vive nel ragusano, si è materializzato e ha cercato di starle vicino.
La 26enne “non evidenzia alterazioni delle funzioni cognitive”, ma, di contro, “l’affettività appare molto disturbata”. E’ intanto quanto emerge da una prima, e non esaustiva, consulenza neuropsichiatrica sulla donna disposta dalla Procura di Catania in cui si sottolinea anche la “necessità di cure e contenimento opportuni per prevenire peggioramenti e complicanze”. Nell’indagata, si legge nella consulenza, è “presente uno stato depressivo espresso con inibizione psicomotoria, appiattimento emotivo e assenza di risonanza emotiva alla realtà circostante”. Ed è per questo che “sollecitata sui vissuti di madre” la 26enne fornisce “risposte stereotipate senza alcuna coloritura affettiva” e “non manifesta disperazione per la perdita o per la colpa”.
IL GIP: “HA AGITO PER UCCIDERE” – Per il Gip Giuseppina Montuori, che ha disposto l’arresto in carcere la donna ha “agito di certo al fine di ucciderlo”. Il Giudice delle indagini preliminari, nell’accogliere la richiesta della procura, scrive che “non può in nessun modo ritenersi corrispondente al vero neppure quanto dalla stessa riferito in ordine alla assenza di volontà omicida ai danni del neonato”.
IL NONNO DEL PICCOLO: “UN INCIDENTE” – “E’ stato un incidente, mia figlia amava tanto suo figlio, lo ha voluto con tutte le sue forze. Ha avuto un parto complicato, rimanendo ricoverata per 10 giorni dopo la nascita del piccolo. Aveva già sofferto da piccola per la perdita della madre. Era depressa e io avevo prenotato una visita specialistica per lei”, racconta il padre della 26enne ora agli arresti. Accanto a lui il padre del piccolo, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni.