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Democrazia partecipativa

La necessità di dare sostanza alla “Democrazia Partecipativa”, mandando in pensione quella per delega, non può che coinvolgerci tutti. E, con “tutti”, intendiamo anche i milioni di Connazionali all’estero.

Da quanto abbiamo capito, si evidenzia, però, difficoltà d’attivare questa formula di partecipazione. Giustamente, e lo facciamo notare ancora una volta, i miglioramenti non possono verificarsi per inerzia. C’è bisogno della volontà per renderli operativi.

 Come? Riteniamo che il problema non sia ovviabile tramite singole persone. Ci vuole un progetto che, per ora, non c’è. Bisognerebbe, infatti, da cogliere, anche perché non è stato mai fatto, una coscienza partecipativa generale. L’Associazionismo, com’è vissuto sino ad ora, è destinato a finire e anche la Rappresentatività dei Connazionali all’estero manca, ancora, di parametri certi per far valere la sua validità.

  A nostro avviso, sarebbe necessario, senza nessi col passato, impostare un nuovo progetto da far stimare ai membri dei Com.It.Es. Partendo da un concetto primario: ogni attività collettiva ha da essere considerata come un servizio con finalità ben più articolate del volontariato politico.

 Con questo progetto, ci sarebbero da rivedere parecchi degli incarichi che oggi sono assegnati ai Com.It.Es. Fatto che, in definitiva, dovrebbero migliorare i bisogni primari degli Italiani che vivono all’estero. Insomma, la Democrazia partecipativa non ha da essere considerata un’utopia quando, invece, potrebbe ridare prestigio alla nostra Comunità oltre confine.

Giorgio Brignola

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