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Rosso

A cosa serve disquisire di magliette rosse dopo aver constatato ancora una volta di quanto sia piccolo l’essere “umano” (poco umano, manco umanoide con poca humanitas o pietas che dir si voglia) se neanche si è riusciti a comprendere il gesto di solidarietà espresso soprattutto verso le vittime più giovani e innocenti delle tragedie in mare?

Vergognoso strumentalizzare un’iniziativa a fin di bene, tesa a sensibilizzare e a fare breccia nelle coscienze, a costringere a non girare il volto dall’altra parte (gli ombrelloni, in questo periodo dell’anno).

Rosso è una provocazione, è un risveglio dal sonno devastante della coscienza, è un trillo, un campanello d’allarme per innalzare la soglia dell’attenzione su quanto accade intorno a noi.
Sembra così difficile comprendere che la maglietta rossa non ha colori, non ha appartenenza politica, non conosce schieramenti che poi, sono schieramenti fittizi se ci si schiera dove tira il vento, dove non batte il sole, dove le pale girano a vuoto, dove non piove, dove corre il fiume o con quattro amici al bar che, amici magari, non lo sono quasi mai.
Dove sono finite le lacrime, i rosari e i pugni in petto per il piccolo Aylan – Alan Curdi, tre anni, siriano – il cui corpicino fu trovato senza vita, nel 2015, il volto tra la risacca.?
La sua immagine fece il giro del mondo, grazie allo scatto della giornalista turca Nilufer Demir. Aylan fu la prima piccola vittima con la maglietta rossa, di cui ancora non si conosceva il senso.
Oggi indossare una maglietta rossa è chiedere il rispetto dei diritti umani, nella fattispecie degli esseri più indifesi quali sono i bambini, è voler dire “io non resto indifferente”, è voler dire “io non dimentico” è chiedere che i minori vengano tutelati e non usati, abusati, sfruttati, violati nel corpo e nell’anima e tante volte uccisi. Già, ricordiamolo a chi non vuol sentire.

A destra, a sinistra, al centro, al nord, al sud, ai poli e all’equatore i bambini continuano a pagare un prezzo altissimo alla loro innocenza; i crimini verso i minori sono efferati e indescrivibili, sia che riguardino la sfera fisica che quella psicologica.

E noi ci accapigliamo per una maglietta rossa sventolante sulle claudicanze umane, piuttosto che scandagliare il vuoto che ci sta ingoiando, colmo di optional a buon mercato per distrarci e dimenticare in fretta.
L’indifferenza è subdola, strisciante e se non la schiacci uccide.
Maglietta rossa è il simbolo di quella briciola di umanità che ancora ci rimane, che dobbiamo difendere se solo cominciassimo a riflettere sul male che ci portiamo addosso e sulle croci a cui ognuno ha conficcato un chiodo.
La verità non ha collocazione, la verità non esiste perché non ha mai un solo volto – quindi inutile giocare a chi ce l’ha più duro – ma la menzogna impera per opportunismo.
La maglietta può diventare un modus vivendi, un atteggiamento, una filosofia di vita se solo lasciassimo da parte le nostre cecità mentali.
Rosso allerta i sensi, mette in circolo emozioni – se non sei daltonico –  oltre a rendere visibile un corpicino in mare.
Maglietta rossa è anche una camicia bianca con i polsini ripiegati su un cuore che ancora batte.
Ricorda che un bambino è inerme e non ha difesa.
Non ha scelto di morire.
Rosso è il diritto alla vita, Rosso è anche il colore del sangue, della morte.

Scegliamo la difesa della vita di questi piccoli e di tutti quelli che verranno.

Maria Teresa Infante

1 COMMENTO

  1. Non amo occuparmi di politica, sebbene la disumana immigrazione tocchi in me la sfera più alta della sensibilità.

    L’atto di accogliere o di rifiutare i profughi – in qualunque paese del mondo – non viene mai dettato dal cuore ma è un atto esclusivamente politico, per cui non ci troviamo davanti a ciechi mentali o senza cuore. Sono scelte difficili e apparentemente disumane.

    Questa è la politica del mio Paese, e che mi piaccia o no io la rispetto.
    Bramante

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