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La preghiera di petizione secondo Papa Francesco

Onda, un’assidua frequentatrice del blog “Come Gesù” del prete e scrittore Mauro Leonardi, per risposta ad una mia lettera sulla preghiera di petizione, mi ha segnalato l’articolo di Adriana Masotti: Francesco: Gesù ci insegna ad essere ‘invadenti’ nella preghiera (Vatican News – 11 ottobre 2018).

Ne trascrivo i passi più significativi, con un breve mio commento.

«E il tema che affronta è quello della preghiera, di come noi dobbiamo pregare. Gesù racconta infatti ai suoi discepoli di un uomo che, a mezzanotte, bussa alla casa di un suo amico per chiedergli qualcosa da mangiare. E l’amico risponde che non è il momento opportuno, che è già a letto, ma poi si alza e gli dà quello che chiede…

La preghiera è un lavoro: un lavoro che ci chiede volontà, ci chiede costanza, ci chiede di essere determinati, senza vergogna. Perché? Perché io sto bussando alla porta del mio amico. Dio è amico, e con un amico io posso fare questo. Una preghiera costante, invadente. Pensiamo a Santa Monica per esempio, quanti anni ha pregato così, anche con le lacrime, per la conversione del suo figlio. Il Signore alla fine ha aperto la porta».

Riguardo a queste righe vorrei far osservare che è vero, Dio è un amico, ma più che un amico è un padre, e infatti Gesù innumerevoli volte lo chiama Padre, non lo chiama innumerevoli volte amico. Non ci ha insegnato a dire “Amico nostro”, ma Padre nostro”.

Più avanti: «Papa Francesco sottolinea tre elementi: un uomo nel bisogno, un amico, un po’ di pane. E’ una visita a sorpresa quella dell’amico bisognoso e la sua è una richiesta insistente perché ha fiducia nell’amico che ha ciò che gli serve. Prega con “invadenza” e in questo modo, dice Francesco, il Signore ci vuole insegnare come si prega. Si prega con coraggio, perché quando preghiamo abbiamo un bisogno, normalmente, un bisogno. Un amico è Dio: è un amico ricco che ha del pane, ha quello del quale noi abbiamo bisogno. Come se Gesù dicesse: “Nella preghiera siate invadenti. Non stancatevi”. Ma non stancatevi di che? Di chiedere. ‘Chiedete e vi sarà dato’».

Ora, se Dio più che un amico è un Padre, e mi pare non ci dovrebbero essere dubbi su questo, non si comprende perché si dovrebbe comportare in maniera diversa e meno encomiabile di un amorevole padre terreno. Un padre buono, intelligente, amorevole, non ha bisogno d’essere pregato con insistenza da un figlio di cui conosce perfettamente i bisogni. Lo aiuta, senza aspettare d’essere pregato con insistenza, e senza pretendere che il figlio lo preghi nella maniera che lui desidera. Lo aiuta e basta.

Infine: «Pensiamo un po’: come prego? Come un pappagallo? Prego proprio con il bisogno nel cuore? Lotto con Dio nella preghiera perché mi dia quello di cui ho bisogno se è giusto? Impariamo da questo passo del Vangelo come pregare».

E perché mai si dovrebbe lottare con Dio per ottenere quello di cui si ha bisogno se è giusto? Uno strano padre il Signore descritto dal Papa. Un padre che aiuta solo i figli che sanno come pregare.

Una madre che prega disperatamente per la salvezza di un figlio, non prega mai come un pappagallo, prega necessariamente con il bisogno del cuore, prega necessariamente con insistenza, anche se ripete all’infinito le stesse preghiere che ha imparato a recitare. E quante madri, quanti padri hanno pregato e pregano invano col bisogno nel cuore?

Perché non si vuole ammettere la verità? La preghiera serve a faci sentire vicino a Dio, ad entrare in comunione con Dio, non per ottenere interventi di Dio nelle vicende umane.

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