Principale Attualità & Cronaca Celebrazione festa della liberazione al Sacrario e al Comune

Celebrazione festa della liberazione al Sacrario e al Comune

 De Caro: il 25 aprile è la festa di tutti
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Il sindaco Antonio Decaro ha partecipato questa mattina, nel Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare, alla cerimonia per il 74° anniversario della Liberazione. Due corone commemorative: una al Sacrario ed una al Comune, nei pressi della lapide in ricordo dei martiri baresi della Resistenza.Ecco il discorso integrale del primo cittadino tenuto al Sacrario Militare:
“Cittadine e cittadini, autorità, compagni e amici dell’ANPI, rappresentanti delle Forze armate, sono onorato di essere qui con voi, per il quinto anno consecutivo, per celebrare e onorare insieme a voi il 74^ anniversario della Liberazione del nostro Paese. Un anniversario che ci fa sentire il peso dei suoi anni e la straordinaria giovinezza e attualità dei suoi valori.

Lo facciamo qui, in questo luogo storico e sacro della nostra città, un tempio costruito per onorare la morte e il sacrificio di oltre 70 mila militari caduti sul fronte di guerra,  onorando fino all’ultimo giorno la loro Patria, la nostra Patria.

Non conosciamo le storie di tanti che sono caduti nella lotta di liberazione dall’oppressione nazi fascista ma possiamo dire certamente che ognuno di loro ha resistito. Resistito fino all’ultimo giorno e, come ricordava Ferdinando Pappalardo, ognuno ha resistito in nome di un valore in cui credeva: la sua Italia libera.

Giovani, meno giovani, non importa: i caduti sepolti in questo sacrario, così come le migliaia di figli strappati alle loro famiglie, morti sussurrando la parola Libertà, sono i festeggiati di questa giornata. E noi abbiamo il dovere di rendergli tutti gli onori. Lo facciamo qui oggi, lo fa il nostro Paese da 74 anni, in ogni città, lo fanno le più alte cariche dello Stato e i bambini nelle classi delle nostre scuole.

Perché il 25 aprile il nostro Paese festeggia il popolo italiano. Un popolo di cui oggi siamo ancora orgogliosi. Un popolo che, nonostante gli anni bui, la fame della guerra, le lacrime delle madri che vedevano partire i propri figli, la ferocia delle violenze del nazifascismo, seppe rialzare la testa e farsi collettivo, resistenza, lotta, pensiero e parola.

Un popolo che nei vicoli delle città, tra i boschi delle montagne, in riva al mare o in una trincea al confine scelse di riprendersi la propria dignità, la propria storia, i propri valori e soprattutto il proprio futuro.

Di qui nasce la storia della Resistenza del popolo italiano, dalla fierezza e dalla forza dei cittadini. E fu cosi che la Resistenza italiana nacque in seno al suo popolo.

Anche qui, nella nostra città, dove nel 1944 si svolse il primo Congresso dei Comitati di Liberazione nazionale nel Teatro Piccinni, una grande assemblea alla quale parteciparono molti degli uomini e delle donne che hanno ispirato e scritto la nostra Costituzione. Poco distante da via Putignani, dove era nata Radio Bari, la prima voce libera e autonoma dell’Europa continentale che esercitò una funzione strategica, diventando punto di riferimento per coloro che volevano restituire l’Italia alla libertà e alla democrazia, offrendo informazioni preziose a partigiani e cittadini e innescando un dibattito che si sarebbe rivelato decisivo per le sorti del nostro Paese.

Anche a Bari, come nel resto d’Italia, dunque, il popolo partecipò alla Resistenza svolgendo un ruolo importante, riconosciuto nel dispositivo del 2007 della medaglia d’oro al merito civile consegnataci dal presidente Napolitano. Un impegno di cui oggi le giovani generazioni possono vedere traccia nelle pietre d’inciampo che ricordano i caduti della strage di via Nicolò dell’Arca del 28 luglio 1943 o in quelle sulla muraglia che ricordano il generale Bellomo, Michele Romito e i ragazzi della città vecchia che, opponendosi all’avanzata di una colonna di carri armati tedeschi, difesero il porto da una distruzione certa il 9 settembre dello stesso anno. Storie che tutti noi oggi conosciamo e ricordiamo grazie all’impegno dell’ANPI, dell’IPSAIC e delle tante associazioni e dei sindacati del Coordinamento Antifascista, che hanno fatto della conoscenza e della memoria una vera e propria missione di resistenza.

Perché oggi per noi, conoscere e ricordare quello che è stato questo Paese e quello che il nostro popolo ha vissuto, significa Resistere.

Resistere a chi ci vuole far credere che avere un arma in casa propria sia normale, anzi legittimo, a chi ci vuole far credere che lasciar morire donne, bambini e uomini in balia del mare significa difendere i confini nazionali, resistere a chi ci vuole far credere che escludere dei bambini da una mensa sia una legittima politica di bilancio comunale. Resistere significa essere qui, oggi, a difendere questa giornata e il suo significato.

Perché quando sarà terminato il tempo della.propaganda e dei social network, a noi spetterà il compito di ricostruire i legami sociali e l’identità del nostro Paese. A noi, donne e uomini di una moderna resistenza, toccherà ricostruire quella comunità e quella coscienza civile che ci sono state consegnate dalla stagione della Resistenza alla dittatura fascista.

Legami, comunità e coscienza che qualcuno sta contribuendo a sfilacciare restituendoci così un Paese diviso, incattivito e che rischia di smarrire la sua identità civile e democratica.

“La storia insegna, ma non ha scolari” scriveva Antonio Gramsci e mai come oggi questa affermazione appare contingente e attuale.

La storia del nostro Paese dovrebbe averci insegnato cosa sia la barbarie del fascismo e dei furori ideologici ma oggi sembrano tornare alla ribalta simboli e parole che pensavamo di non dover più vedere o ascoltare. La storia  dovrebbe averci insegnato cosa significhi lasciare la propria casa e i propri affetti alla ricerca di un futuro migliore in un altro Paese, dovrebbe averci insegnato cosa significhi scappare dalle carestie e dalla guerra.

Dalla nostra comune storia, che ha visto nel 25 aprile 1945 uno dei suoi momenti fondanti, dobbiamo ancora imparare tanto, come scolari diligenti, per farci a nostra volta insegnanti per il bene del nostro Paese e per il suo futuro di democrazia e di libertà.

Viva la democrazia, via la libertà, viva l’Italia”.

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