Principale Politica Diritti & Lavoro La finanziaria 2019

La finanziaria 2019

È difficile che una legge finanziaria possa essere “bella”, ma nella classifica delle peggiori certamente il primato se lo contendono quella di Amato del 1992 e quella di Monti del 2011 che asseriva di essere “salva Italia” laddove era di tutta evidenza che la parte vitale della nostra economia ne sarebbe stata danneggiata come nessuna altra finanziaria aveva fatto.

L’attuale ha un’altra malattia: essa è riuscita a ribaltare il rapporto governo-Parlamento; rapporto che dovrebbe vedere quest’ultimo al centro della elaborazione ed approvazione della politica economica del successivo anno mentre oggi è ridotto a ratificatore della volontà del governo e, quel che è peggio, di un centro di potere estero che è la Unione Europea. In un momento in cui si tende a regionalizzare il maneggio dei danari con lo spostamento ai capoluoghi di regione (Lombardia e Veneto per cominciare) della potestà decisoria della spesa pubblica e del gettito erariale è veramente senza senso andare a Bruxelles a chiedere se quattro o cinque punti decimali sono o meno conformi a Trattati contestati praticamente da tutta Europa. Questa rivisitazione del rapporto tra Parlamento e governo non sembra destinata ad essere un episodio passeggero ma è una certificazione esplicita e definitiva di una prassi che fino a ieri celava la realtà dietro una coltre di formalismi che ne nascondeva la sostanza. Rivisitazione alfine ratificata di tutta fretta dal Capo dello Stato… che non si sa come abbia fatto a leggere centinaia di pagine in pochissime ore. Quindi l’intera democrazia italiana formale e sostanziale va ripensata e lo vorranno anche i poteri forti e le lobby che prima facevano “l’assalto alla diligenza” della finanziaria assediando il governo con richieste pressanti ed esplicite minacce.

Ma v’è di peggio! Si è consolidata anche un’altra prassi antidemocratica e cioè lo svuotamento della finanziaria di contenuti; si rimanda bellamente a future leggi la definizione dei contenuti definiti in finanziaria; così la si è svuotata e si apre una stagione infinita di pressioni e dibattiti che certamente modificherà alle radici tutta la legge finanziaria. Questo significa che di fatto questa legge che dovrebbe essere il fondamento della politica economica ed amministrativa del prossimo anno è avviata a perdere la propria centralità (avendone già persa ormai la gran parte) a favore di un caos permanente e crescente; la stessa vibrante protesta delle opposizioni non riguardava la sostanza dei provvedimenti che è stata appena sfiorata, ma la forma tradizionale che è stata violata; detto in altri termini: pur dibattendola cosa pensavano di modificare se il governo e la sua maggioranza erano decisi a blindarla ponendo la fiducia??? ma come mai si arriva a questo punto di disfacimento delle istituzioni senza che nessuno si chieda almeno perché? La prima ragione è l’ampliamento innaturale dei compiti attribuiti alle Istituzioni che ne ha legittimata la illiberale condotta attuale; in questo è evidente la connivenza di ognuno di noi che sempre più attende risposte dalle Istituzioni e sempre meno da se stesso; ed è evidente anche l’interesse delle grandi imprese e banche che hanno bisogno di una istituzione con poteri sempre più discrezionali da utilizzare a loro favore. La seconda ancor più grave risiede nella incompetenza dei politici che è negli interessi dei poteri forti ed è figlia diretta della insufficienza delle scuole e Università. Quando queste funzionano propinano modelli culturali superati; per esempio in economia si insiste con Keynes vecchio di un secolo, letteralmente travolto dai fatti concreti ormai da mezzo secolo e impraticabile per il faraonico ammontare dei debiti e della spesa già programmata; oppure altri propongono i tecnicismi econometrici del neomonetarismo inventato per porre un limite alla creazione di moneta ed oggi divenuto dilagante pur essendo stato sepolto dalla sua incapacità di prevedere e fronteggiare la più grande crisi della storia da cui ancora non ne usciamo.

Quindi questi nuovi politici privi di conoscenze storiche ed economiche si avventurano forti di una assunto difficile da contestare: “se hanno governato individui come Monti e Renzi… certamente faremo meglio! almeno ci metteremo la buona volontà e il buon senso!!!” siamo allo sbando culturale e concreto.

Che dire poi dei contenuti? Quelli che si intuiscono sono poca cosa: ancora spostamenti faraonici di ricchezza da certuni a certi altri (e cioè ancora Keynes e centralismo statale…), nessuna parola sulla gestione del debito e dello spread, niente di significativo sulle due poste principali: il fisco e la burocrazia. Per provare a fare una sintesi di questi appena detti che sono i quattro punti principali: in tutti c’è poco spazio per l’individuo e la persona umana; c’è centralità ossessiva e in netta espansione dello stato e non si capisce che lo si deve ritirare e non ampliare; fino a quando tutto rimane vietato salvo benigna concessione delle Istituzioni nulla ripartirà; fino a quando la persona umana sarà alla periferia e lo stato al centro sarà il trionfo dell’ignoranza. Solo con la ripartenza dal basso si potrà ricominciare a vedere la realizzazione della super parola magica che mancherà anche questa volta: lo SVILUPPO. lo sviluppo non lo fai con grandi investimenti o opere pubbliche e ancor mano trasferendo soldi da chi ha un qualche merito nell’averli fatti e conservati ad altri che non hanno altro che un grande bisogno di essi!!! Lo fai LIBERANDO le forze che ci sono e permettendo alle imprese che ci sono e che potrebbero esserci di nascere, crescere e prosperare. Cosa impossibile con questo fisco e questa burocrazia e se non si riesuma la privacy in economia. Non esiste altra ipotesi praticabile. Per fare un esempio tra i mille possibili: nel 1995 per fronteggiare la crisi irlandese si pensò ad un’area franca che permise ad una grande impresa automobilistica di insediarsi in quell’area e assumere qualche migliaio di dipendenti locali senza pagare tutte le tasse. Cosa che ha avuto un buon effetto ma… solo perché si tratta di una nazione con pochi milioni di abitanti. Questo è finito quando quella impresa è andata via ed oggi l’Irlanda non è allo sbando come noi per via del suo sistema fiscale che permette alle sue imprese piccole medie e grandi di prosperare attirando anche imprese da altre parti. Da tutto ciò impariamo che la forza dell’Irlanda è data dalle imprese irlandesi e non dall’aver beneficiato aziende estere a tutto detrimento del contribuente locale.

Tutto ciò è fuori dalle conoscenze dei nostri politici che si trastullano tra destra e sinistra e in esercizi di pubblica amministrazione fuori dal tempo e dalla realtà.

Canio Trione

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