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Mostra Federico II e il De Arte venandi cum avibus

TRANI – Al Castello Svevo di Trani si inaugura il 18 giugno alle 17.30 la mostra “Il potere dell’armonia. Federico II e il De Arte venandi cum avibus”:l’esposizione si articola in tre castelli pugliesi e  promuove il leggendario volume federiciano e la sua attualità

Musiche scelte da Riccardo Muti, scenografia e illustrazioni di Pizzi Cannella, apparati scientifici e traduzione di Anna Laura Trombetti Budriesi, consulenza scientifica e foto di Ortensio Zecchino

“Il potere dell’armonia. Federico II e il De Arte venandi cum avibus” è il titolo della mostra che si articola nei maestosi castelli di Castel del Monte, Bari e Trani.

La mostra, nata da un’idea di Lorenzo Zichichi e Tommaso Morciano, si snoda in tre sedi ed è realizzata da “Il Cigno GG Edizioni” e “Novapulia”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Studiorum” e il Centro Studi Normanno-Svevo.

Il primo allestimento è stato inaugurato a Castel del Monte ed il secondo al castello svevo di Bari nei giorni scorsi, riscuotendo entrambi grandi consensi. Lunedì 18 giugno invece si svolgerà la cerimonia di inaugurazione della mostra nel castello svevo di Trani alle ore 17.30. Interverranno la direttrice del Polo Museale della Puglia, Mariastella Margozzi, la direttrice dei castelli di Bari e di Trani, Rosa Mezzina, i curatori della mostraAnna Laura Trombetti Budriesi e Ortensio Zecchino, i gestori della concessione Tommaso Morciano e Lorenzo Zichichi.

“La figura di Federico II, mitica nella storia della Puglia- dichiara Mariastella Margozzi, direttrice del Polo Museale della Puglia -, è il comune denominatore che lega i tre siti di Castel del Monte, Castello di Bari e Castello di Trani, tutti afferenti al Polo museale della Puglia. Questa mostra, con la sua tematica artistica e scientifica del trattato dell’arte venatoria, permette ai tre siti di fare sistema, rinnovando ad ogni tappa l’interesse per il contenitore, per il tema e per la cultura federiciana in Puglia”.

Un’iniziativa di straordinario spessore culturale che vuol far conoscere al grande pubblico l’opera di Federico II e la sua attualità. Il De Arte venandi cum avibus è un trattato di circa 600 pagine scritto dal più potente e illustre sovrano dell’Europa Occidentale del XIII secolo. Denota la grande attenzione per la cultura e il sapere da parte di Federico II e di tutta la sua corte. Il trattato non ha avuto la fortuna che meritava, in parte per ladamnatio memoriae che colpì il casato svevo dopo l’aggressione angioina, in parte per la mole stessa del testo, che anticipava di secoli l’osservazione e lo studio del comportamento degli animali, rimanendo insuperato, per molti aspetti, fino a Konrad Lorenz (1903-1989), fondatore dell’etologia.

 “Il sovrano svevo – afferma Ortensio Zecchino, curatore della mostra e autore delle fotografie in esposizione che attualizzano il Trattato – amava andare coi suoi falchi nella splendida natura del Tavoliere e della Murgia, e i tre castelli in cui si svolge la mostra sono tre luoghi di straordinaria memoria federiciana”. Nell’iniziativa sono stati coinvolti, ognuno per l’eccellenza che rappresenta nel proprio campo, quattro personalità di primissimo piano. Il Maestro Riccardo Muti, originario dei luoghi dove si erge Castel del Monte, ha scelto le musiche per accompagnare il visitatore nella visione e nella lettura del Trattato. Ortensio Zecchino, presidente dell’Enciclopedia Fridericiana della Treccani, oltre ad aver svolto in questa mostra la duplice veste di consulente scientifico del percorso e di autore delle fotografie che attualizzano il Trattato, ha realizzato buona parte degli scatti proprio nei luoghi in cui Federico II era uso andare a caccia. Anna Laura Trombetti Budriesi, ordinaria di storia medievale all’Università di Bologna e massima specialista del Trattato, avendone curato l’edizione critica e la prima traduzione completa in italiano, ha realizzato l’apparato scientifico su cui si snoda la mostra (gli allestimenti e i prodotti multimediali sono progettati e realizzati dall’architetto Elena Giangiulio della “Syremont Spa”, coadiuvata dalla direzione artistica de Il Cigno). Piero Pizzi Cannella, fondatore della Nuova Scuola Romana e uno dei maggiori esponenti dell’arte figurativa (si è appena conclusa la sua mostra nel Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo), ha dipinto le pagine del manoscritto e una monumentale scenografia (allestita a Castel del Monte), oltre ad esporre le “opere veggenti”, ossia quelle tele che mantengono viva la tradizione federiciana anche nella pittura contemporanea.

“Castel del Monte fa parte della mia vita, totalmente – scrive il Maestro Riccardo Muti – . Ricorderò sempre la prima volta che lo vidi. Avevo circa 7 anni. Mio padre decise di portare tutta la famiglia a visitare il castello. Partimmo nella notte da Molfetta – con una carrozza, quelle di un tempo trainate dal cavallo – e arrivammo al mattino. Quando aprirono le tende della vettura vidi Castel del Monte, una folgorazione. Per l’imponenza, per la sua assurdità agli occhi di un bambino, mi impressionò enormemente. Mi sembrò caduto dal cielo. Rimasi talmente colpito che da allora ho pensato al Castello come un punto di riferimento nella mia vita. Ancor più quando ho cominciato a leggere, a dedicarmi a tutti i misteri che circondano questo monumento carico di storia, di domande e di interpretazioni diverse tra loro, definito un “libro in pietra” e, dopo tanti secoli, non ancora “decifrato” del tutto. Ancora oggi Castel del Monte è per me un punto di riferimento assoluto; nel mio ufficio di direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica di Chicago, ho alla parete una grande immagine che lo mostra come è adesso, ristrutturato”.

“Il mio amore per Castel del Monte – aggiunge il Maestro Muti – mi ha spinto ad acquistare un piccolo terreno, con alcuni trulli, da cui è visibile il “libro di pietra”. Da queste “casedde”, come sono chiamate, guardo il Castello. Le ho ristrutturate rispettando la loro storia e l’originale architettura perché rappresentano una antica cultura e una parte meravigliosa della nostra Italia. Esse sono il senso vero e profondo della Bellezza, come la Puglia dimostra e come Federico ha insegnato al mondo”.

Il visitatore potrà visionare la nuova edizione in italiano del Trattato federiciano. Ci si potrà immergere nella vita e nelle passioni di Federico II, usufruendo di un originale percorso iconografico che alterna miniature medievali a fotografie e dipinti, nell’ambito di un’esperienza accompagnata dalla musica.

“Il trattato fridericiano – prosegue Ortensio Zecchino – è frutto non solo di studi approfonditi (comprensivi della traduzione in latino di importanti trattati arabi sulla falconeria), ma anche di una di una lunga e appassionata pratica diretta. L’elevazione di Foggia a ‘città imperiale’ e la Puglia a terra prediletta – notorio il suo appellativo di Puer Apuliae – è dovuta al fatto che quella regione offriva habitat ineguagliabili per le prede, soprattutto animali acquatici, e falchi. Al di là delle tante e varie suggestioni e della sua utilità pedagogica per chiunque voglia praticare ancor’oggi la falconeria, il trattato di Federico va riconosciuto come un’opera di scienza ‘moderna’”.

“La falconeria – afferma Anna Laura Trombetti Budriesi – occupò gran parte del tempo di Federico II, tutto quello che poteva strappare agli affari di Stato: la considerò una scienza e volle elevarla al rango di ars venandi, perfetta sintesi di conoscenze teoriche e abilità pratiche. Nell’opera scrive che si tratta di una disciplina elaborata e complessa e per questo assolutamente riservata ai nobili che ne potranno trarre ampi vantaggi nella loro vita. Per le difficoltà presentate rispetto alle altre venationes (i rapaci sono difficilissimi da addestrare) la caccia con i rapaci è, secondo Federico II, un’attività molto utile all’arte di governo, perché richiede la capacità di domesticazione e la conoscenza del territorio”.

In una lettera di Federico II al figlio Corrado IV si legge:  “Ai signori del mondo e ai re non basta la sola discendenza nobile, se la nobiltà d’animo non aiuta la stirpe elevata e un’attività onorevole non dà lustro al principato. […] Smettiamo immediatamente di essere re se, privandoci della cautela dei re ci comportiamo come dei privati cittadini, piuttosto che governare”.

“La caccia coi rapaci, dunque, non è solo un passatempo di alto livello, è un’attività altamente formativa, che conferma la nobiltà di chi la insegna ed esalta quella di chi la apprende”, conclude Trombetti Budriesi.

La mostra si articola in tre tappe: Castel del Monte accoglie il visitatore e lo proietta nel Trattato federiciano privilegiando le pitture di Pizzi Cannella; a Bari sarà fruibile la straordinaria campagna fotografica condotta da Ortensio Zecchino, in buona parte nella Murgia e nel Tavoliere; Trani privilegerà la multimedialità, con i video che consentiranno di passare dalle pagine originali del Trattato alla traduzione e lettura delle pagine del Trattato stesso. Saranno presentate anche le traduzioni del Trattato in arabo e in italiano.

La mostra, inoltre, è anche l’elemento di punta di un progetto più ampio, “Il grande racconto”, che,  con il contributo della Regione Puglia, mira a realizzare oltre alle esposizioni, attività innovative di valorizzazione e promozione del pubblico utilizzando il teatro, il racconto, la danza e le tecnologie digitali. Il progetto è la dimostrazione del ruolo virtuoso dei privati nel promuovere dialogo e cooperazione fra istituzioni pubbliche (in questo caso Mibact e Regione) e territori.

 

 

 

 

 

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